#AESASpazio – Il Saturn V e il suo motore F-1

Indubbiamente, il Saturn V è uno dei simboli più iconici dell’era spaziale e rappresenta il culmine dell’ingegneria e dell’esplorazione umana. Il suo sviluppo fu una diretta risposta alle prime fasi della corsa allo spazio, un periodo caratterizzato da un’intensa competizione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica per ottenere la supremazia tecnologica nell’esplorazione spaziale. Questa rivalità fu alimentata da una serie di eventi emblematici, come il lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, da parte dell’Unione Sovietica nel 1957, e lo storico volo di Yuri Gagarin come primo uomo a viaggiare nello spazio nel 1961.

Questi eventi hanno portato a una rinnovata attenzione per il programma spaziale degli Stati Uniti, culminata con il discorso del presidente John F. Kennedy nel 1961, in cui dichiarò l’obiettivo di portare degli americani sulla Luna entro la fine del decennio. Lo sviluppo del Saturn V è stato un passo cruciale per il raggiungimento di questo obiettivo, in quanto è stato progettato per trasportare il carico utile necessario per portare gli esseri umani sulla superficie lunare e riportarli in sicurezza sulla Terra.

Una volta stabilito come andare sulla Luna, la NASA decise di passare dalla fase di progettazione alla fase di costruzione, concentrando l’attenzione sul veicolo che avrebbe portato gli esseri umani sulla Luna: il Saturn V. Il primo stadio sarebbe stato prodotto dalla Boeing e avrebbe avuto un cluster di cinque motori F-1, con una forza totale di 34 MN. Il secondo stadio avrebbe combinato cinque motori J-2 per una forza totale di 4,5 MN. Il terzo e ultimo stadio, chiamata S-IVB, il cui singolo motore J-2 rilasciava una forza di 900 kN, era già in costruzione presso lo stabilimento della Douglas Aircraft Corporation al momento dell’annuncio, poiché il suo utilizzo era stato pianificato come secondo stadio nel Saturn IB. La costruzione dell’elettronica necessaria per il controllo dei motori e per l’Instrument Unit (IU) fu affidata alla IBM. I disegni progettuali mostravano un vettore gigantesco, alto quasi 111 metri. In totale, i serbatoi potevano contenere 2835 tonnellate di propellenti, tra cui cherosene, idrogeno liquido e ossigeno liquido.

Costruito sotto la scrupolosa direzione di von Braun e dei suoi collaboratori, primo tra tutti Arthur Rudolph, il Saturn V prese forma rapidamente. Tutti i suoi elementi furono inviati alla base di Cape Canaveral per essere assemblati all’interno del Vehicle Assembly Building (VAB) in previsione del primo lancio. Il 9 novembre 1967, la missione Saturn-501, ufficialmente Apollo IV, fu lanciata e procedette nominalmente. Da quel momento, attraverso un viaggio della durata di meno di due anni, si arrivò all’epilogo che tutti conosciamo. Con la missione Apollo XI, il 20 luglio 1969, il modulo lunare toccò la superficie della Luna.

Come introdotto in precedenza, il motore destinato a spingere il primo stadio del Saturn V, chiamato S-IC, era l’F-1, noto anche come Rocketdyne F1, dal nome dell’azienda che lo ha sviluppato. Ancora oggi, l’F-1 rimane il motore a razzo a propellente liquido a camera di combustione singola più potente mai sviluppato.

Prima di esplorare le intricatissime caratteristiche tecniche di questa meraviglia dell’ingegneria, sarebbe utile acquisire una comprensione generale dei suoi componenti e della sua struttura. È importante notare che il motore F-1 è definito come “a singolo avviamento”, il che significa che può essere acceso solo una volta e può essere spento solo alla fine del suo ciclo operativo. I principali sistemi del motore sono il complesso della camera di spinta, il sistema di alimentazione del propellente, la turbopompa, il sistema di generazione di gas, il sistema di pressurizzazione del serbatoio di propellente, il sistema elettrico, il sistema di controllo idraulico e il sistema di strumentazione di volo.

Risulta di particolare interesse l’accensione dei motori di questo vettore; esso era un processo complesso che iniziava a T-10 minuti. In quel momento le pre-valvole venivano aperte, consentendo al carburante e all’ossigeno liquido di entrare nel motore. Tuttavia, i propellenti erano poi bloccati dalla valvola principale del carburante e dalla valvola principale dell’ossigeno liquido. Contemporaneamente, i riscaldatori che racchiudono i cuscinetti situati all’estremità fredda della turbopompa venivano disattivati.

Rocket Engine, Liquid Fuel, F-1 (A19700271000)currently on display in the Apollo to the Moon Gallery, Smithsonian National Air and Space Museum, Washington D.C., November 6, 2017. Photo by Eric Long. [A19700271000_T8A3836] [NASM2017-03153]
A T-8.9 s, la sequenza di accensione vera e propria aveva inizio. Quattro accenditori pirotecnici venivano attivati utilizzando una tensione di 500 V. Questi erano disposti in due coppie per scopi di ridondanza. Due igniters erano posizionati nel generatore di gas mentre gli altri due erano posizionati alla fine dell’ugello. Questa configurazione permetteva l’accensione dei gas ricchi di carburante in uscita dalla turbina. Durante l’accensione, un filo di rame all’interno degli accenditori si fondeva, interrompendo un circuito e segnalando il corretto funzionamento degli stessi. Successivamente, le valvole primarie per l’ossigeno liquido venivano aperte, consentendogli di entrare nella camera di combustione e passare attraverso l’ugello. La combustione non era ancora iniziata, per cui era possibile vedere l’ossigeno liquido mentre scorreva fuori dal motore.

Naturalmente, prima di entrare nella camera di combustione, questo flusso di ossigeno liquido metteva in moto la turbopompa aumentando di conseguenza la pressione in tutto il sistema di alimentazione.

Simultaneamente le valvole del generatore di gas venivano aperte. Una volta che il carburante e l’ossigeno liquido si mescolavano all’interno del generatore di gas, l’attivatore pirotecnico accendeva la miscela.

In breve tempo, l’accelerazione costante della turbina aumentava la pressione del circuito del carburante, raggiungendo i 26 bar. Questo aumento di pressione innescava l’apertura di una valvola, consentendo a una piccola quantità di carburante di entrare in una cartuccia ipergolica posta in un condotto secondario. L’arrivo del fluido ipergolico in camera di combustione accendeva l’ossigeno liquido che già fluiva nella stessa, causando un aumento di pressione e la conseguente apertura delle cosiddette Main Valves. Man mano che entrava più carburante, la pressione all’interno della camera continuava ad aumentare fino a raggiungere il livello di pressione nominale per il lancio. A questo punto, il motore produce abbastanza spinta da sollevare il vettore da terra. Se lo switch “Thrust OK” avesse rilevato una pressione di iniezione di carburante di 73 atm, sarebbe stato inviato un segnale all’IU. Questo segnale indicava che la spinta del motore era nominale e il lancio poteva procedere.


Fonti:

Lo Campo, C. Di Leo and G. Lucarelli. Saturn V e le sue missioni. IBN Editore, 2020

Rocketdyne. F-1 Engine Familiarization Training Manual. Rocketdyne, 1970

Fonti immagini:

Smithsonian Institution, El Espectador, Scott Manley