#AeroAESA: 737MAX – altri guai in vista?

La sicurezza in campo aeronautico è senza ombra di dubbio uno dei più importanti aspetti con cui si scontra il processo progettuale dei nuovi velivoli che solcano i cieli di tutto il mondo, dal momento che da essa dipende la percezione del pubblico circa il volo come modo di viaggiare, e ha pesanti ricadute economiche sulle compagnie aeree per la manutenzione e l’affidabilità dei propri mezzi. Si badi bene, questo sforzo è ben ripagato: è infatti noto che il trasporto aereo è in assoluto il più sicuro tra quelli disponibili, ed è merito delle ferree regolamentazioni in vigore. Ma cosa succede quando alcuni dei capisaldi su cui si fonda questa attenzione al dettaglio vengono a mancare nel nome di politiche aziendali lontane da una programmazione accorta e ponderata?
Può nascerne uno dei velivoli più controversi degli ultimi anni: il Boeing 737 MAX.

Gli ultimi avvenimenti

Il 5 gennaio 2024, un 737 Max-9 operato da Alaska Airlines tra le città americane di Portland e Ontario è stato coinvolto in un incidente nel quale una cosiddetta “door plug” si è distaccata in volo, causando una rapida depressurizzazione. Con “door plug” non si intende una vera e propria porta, ma un pannello che va a sigillare il punto, lungo la fusoliera, in cui è prevista l’installazione di un’uscita di sicurezza aggiuntiva nel caso in cui la compagnia scelga una configurazione particolarmente densa per la cabina. Il numero e la disposizione delle uscite di sicurezza in un aereo dipendono infatti dal numero di passeggeri in esso ospitati. Dal momento che Alaska Airlines per quel particolare velivolo aveva optato per un numero di posti più basso, questa porta non era necessaria e la door plug occupava il suo posto, e mai e poi mai era prevista una sua apertura.

Da un’analisi sul pezzo, che dopo il distacco è precipitato al suolo (e che è stato ritrovato intatto, il che esclude una sua perforazione), si è concluso che il problema è da rintracciare nei bulloni che fissano i perni che a loro volta agganciano la door plug al resto della struttura. In altre parole, la door plug si è sfilata da sola dalla fusoliera. La causa di questa failure è ancora da stabilire e richiederà ancora del tempo: se da un lato le vibrazioni potrebbero aver svitato dei bulloni mal avvitati, dall’altro ci potrebbe essere stata una rottura a fatica causata dai cicli di pressurizzazione a cui sono sottoposti gli aerei in ogni volo.

In ogni caso due cose sono certe: in primo luogo, Boeing e la società appaltata per la fabbricazione dei pezzi coinvolti (Spirit Aerosystems) devono rispondere sul proprio operato presso le catene di montaggio, in cui si potrebbero nascondere difetti nei processi di costruzione e collaudo; in secondo luogo, non è la prima volta che quello stesso aereo ha avuto problemi di pressurizzazione. In tali circostanze, tuttavia, sembra che gli addetti alla manutenzione abbiano semplicemente spento gli allarmi senza effettuare ulteriori test. In risposta a questo evento, fortunatamente non fatale per nessuna delle persone a bordo (ma che ha esposto i passeggeri a forti venti a più di 4 chilometri da terra), la Federal Aviation Administration (FAA) ha ordinato la messa a terra immediata di quasi 200 aeromobili dello stesso modello di quello coinvolto, i quali sono stati controllati a uno a uno mostrando che in effetti l’aereo coinvolto nell’incidente non era l’unico ad avere una door plug difettosa.

Un aspetto che assume la più grande importanza sia dal lato di Boeing che dal lato delle compagnie è la fiducia che i passeggeri hanno nel mezzo sul quale viaggiano: Alaska Airlines si è già mobilitata per far fronte a tutti coloro che esprimeranno il proprio timore di salire a bordo dei loro 737 MAX, e non è improbabile che altre compagnie la seguano. Per quanto l’opinione pubblica in merito a questioni di questo genere si mostri a volte poco razionale, è comunque un fattore che va inevitabilmente affrontato e che causerà notevoli disagi a chi dovrà programmare i voli di questo aereo in futuro. Intanto, chi se la passa peggio è senza ombra di dubbio Boeing: in seguito ai fatti
verificatisi il 5 gennaio, le attenzioni della FAA si sono concentrate ancora più strettamente sul colosso di Seattle, la cui reputazione era già ai minimi storici a causa di eventi che ci precedono di alcuni anni. I più attenti, infatti, si ricorderanno che il 737 MAX non è nuovo alle cronache per quanto riguarda la propria affidabilità.

Un progetto discutibile
Tra il 2018 e il 2019 due incidenti, rispettivamente in Indonesia e in Etiopia, hanno sconvolto il settore, portando alla morte di 346 persone. Ma come possono accedere due simili tragedie a un aereo di ultimissima generazione? Per analizzarlo bisogna prima di tutto fare un passo indietro e comprendere le cause che hanno portato alla necessità di mettere al mondo un velivolo come il 737 MAX.
Com’è noto, il settore del medio-corto raggio nel trasporto aereo civile è stato dominato per decenni da due concorrenti: la famiglia A320 di Airbus e le diverse varianti del 737 proposte da Boeing. All’inizio degli anni 2010, l’azienda basata a Tolosa ha presentato il suo ultimo progetto, l’A320 neo (New-Engine-Option), che prometteva alle compagnie enormi risparmi in termini di carburante assicurando allo stesso tempo continuità con le versioni precedenti, permettendo di conseguenza un passaggio dei piloti da un modello all’altro senza bisogno di costosi addestramenti. Boeing si è così trovata con le spalle al muro, consapevole del fatto che progettare un aereo totalmente diverso dal 737 avrebbe comportato anni di ritardo rispetto al rivale europeo (e le compagnie, non disposte ad aspettare anni, avrebbero potuto fuggire dalla concorrenza) e
l’obbligo di riaddestrare i piloti. Non restava che copiare Airbus: in poco tempo è arrivato il 737 MAX, presentato come un aereo in tutto e per tutto uguale ai predecessori, ma con motori molto più efficienti.

Ma è qui che iniziano i problemi: il 737 è un aereo il cui primo disegno risale agli anni ’60, e presenta un’altezza dell’ala rispetto al suolo semplicemente troppo piccola per ospitare moderni motori ad alto rapporto di bypass (cioè, molto larghi), che garantiscono consumi notevolmente ridotti. Di fatto, la scelta di aggiornare un progetto già esistente non aveva un reale senso ingegneristico, ma era solo ed esclusivamente dettata da necessità economiche.

La soluzione in casa Boeing per collocare i nuovi e ingombranti motori nel piccolo spazio a disposizione è stata quella di spostare la gondola motore più in alto e in avanti rispetto all’ala, andando a compromettere la stabilità del velivolo ad alti angoli d’attacco. In tali circostanze, l’aereo aveva una pericolosa tendenza a cabrare ulteriormente, avvicinandosi allo stallo. Ciò ha reso necessaria l’implementazione di un software chiamato MCAS (Maneuvering Characteristics Augmentation System), il quale in teoria avrebbe dovuto assistere i piloti abbassando il muso dell’aereo quando l’angolo d’attacco diventava eccessivo. Tuttavia, dal momento che l’intero sforzo intrapreso da Boeing era volto a ridurre al minimo la diversità del nuovo aereo dal precedente, la presenza dell’MCAS a bordo del MAX non è mai stata spiegata ai piloti, i quali per passare dalla vecchia alla nuova versione del 737 hanno dovuto soltanto consultare brevi manuali, senza nemmeno passare per un simulatore. Nel momento in cui questo sistema ha avuto dei malfunzionamenti (legati a errori di interfaccia tra i computer di bordo e i sensori dell’angolo di attacco situati a prua), i piloti si sono ritrovati a dover controllare un velivolo che di fatto non conoscevano abbastanza per rimediare al problema, e ciò ha avuto conseguenze catastrofiche, per cui l’aereo tendeva a picchiare e perdere rapidamente quota anche se l’assetto era ben lontano dall’essere pericoloso.

Lato FAA la vicenda ha assunto una sinistra piega, in quanto agli occhi di tanti sembra che essa, un organo americano, si sia trovata nella scomoda situazione di non voler mettere i bastoni in mezzo alle ruote a un’azienda del suo stesso paese che rischiava ingenti perdite economiche rispetto al suo rivale europeo. Per questo motivo alcuni importanti passi del processo di certificazione del nuovo aereo sono stati delegati interamente a Boeing, bypassando il controllo della FAA senza preoccuparsi del conflitto di interessi che ciò comportava, il tutto per velocizzare i tempi nel nome dell’occasione economica immediata.

Le conseguenze dei due incidenti per Boeing sono state pesanti: oltre alla grande perdita di reputazione davanti ai passeggeri e alle compagnie, è stata ordinata la messa a terra per molti mesi di tutti i 737 MAX finché non avessero risolto il problema dell’MCAS e informato i piloti a dovere. A questo si sono aggiunte salate multe e grosse ripercussioni per i piani alti del management dell’azienda.

Cosa ci attende in futuro?
Nonostante i problemi legati al software MCAS siano stati risolti alcuni anni fa, i fatti del 5 gennaio non possono che portare a una rinnovata preoccupazione all’interno di un settore che fa dell’attenzione alla sicurezza uno dei suoi tratti caratteristici, e ci è mancato poco che l’incidente portasse a conseguenze ben più gravi. Dalle indagini della FAA è emersa la necessità di sviluppare un piano d’azione mirato a combattere la sistematica violazione dei requisiti di qualità e affidabilità all’interno degli stabilimenti da cui escono i velivoli che milioni di persone prendono ogni giorno. Allo stesso tempo, si spera che una vicenda come questa porti i costruttori a ponderare le proprie scelte progettuali considerando prima di tutto le conseguenze ingegneristiche da esse apportate, anziché concentrarsi ciecamente, hic et nunc, sugli aspetti economici.

A CURA DI
Mattia Mocci


Fonti: