#AeroAESA – JATO: Alba e Tramonto dell’Arte del Decollo Accelerato

Vi è mai capitato di pensare a cosa succederebbe se fondessimo le tecnologie missilistiche e aeronautiche? Montare dei motori a razzo su un velivolo sarebbe un’idea geniale o follia pura?
A me piace pensare, come diceva il grandissimo Arthur C. Clarke, che la chiave per scoprire i confini del possibile risieda nell’avventurarsi appena al di là del territorio dell’impossibile. Infatti, in ambito aerospaziale, un regno in cui la tecnologia è ormai avanzata abbastanza da confondersi con la magia, non sarebbe forse così strano parlare di aerei in grado di sputare fuoco e librarsi in volo con la stessa prontezza delle loro controparti fantasy. Ciò che non tutti sanno è che questa forma di stregoneria moderna esiste e porta il nome di JATO: Jet-Assisted Take-Off.

Principio di funzionamento
Il funzionamento di un apparato JATO è relativamente semplice, ma ha qualcosa di geniale nell’intuizione che ha portato al suo sviluppo: lungo la fusoliera del velivolo vengono montati uno o più razzi propulsori che, innescati nel momento del decollo, forniscono un’accelerazione eccezionale al mezzo, consentendogli di poter raggiungere la velocità di rotazione in tempi notevolmente brevi. Una volta esauriti, vengono sganciati o spenti e l’aeromobile continua il volo utilizzando i suoi motori principali.
Questa soluzione consente ai mezzi, tipicamente aerei da carico tattici, di rendere la loro gargantuesca mole immune a qualsiasi tipo di condizione avversa. Nessun tipo di pista corta, ghiacciata, sabbiosa, dissestata, temperatura estrema o carico al limite può impedire loro di tuffarsi in cielo come fosse la cosa più naturale al mondo.
Esistono diverse configurazioni di questo sistema, ma la principale differenza che li caratterizza è la scelta del propellente tra solido e liquido, che, come vedremo, comporta notevoli variazioni dal punto di vista del design sistemistico.

Storia
Il primo ingresso sul palcoscenico mondiale
L’idea di sviluppare una tecnologia che permettesse di facilitare le operazioni di decollo in ambienti sfavorevoli risale a studi sovietici del 1927, presso il Laboratorio di Gas-Dinamica di Mosca (Газодинамическая лаборатория), successivamente spostato a Leningrado.
Fu da questo capoluogo russo che, 4 anni dopo, un AVRO-504 (denominato U-1) riuscì a sollevarsi in volo grazie all’aiuto di un razzo a propellente solido e, mentre il biplano più prodotto nella prima guerra mondiale procedeva a completare più di un centinaio di decolli assistiti, la tecnologia fu applicata anche ai bombardieri pesanti Tupolev TB-1 e TB-3, accorciandone la corsa del 77%: un risultato impressionante se osservato nel contesto di un’arte missilistico-ballistica ancora lungi dal nascere.
Soluzioni simili cominciarono ad affiorare anche in Occidente a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, come alternativa alla catapulta per i caccia imbarcati sulle portaerei e in qualità booster per i velivoli più pesanti, sia per accelerarne la partenza, che per prolungare la planata in caso di avaria ai propulsori.
Le prime contribuzioni in questo scenario furono quelle tedesche e anglosassoni.
L’esempio di maggiore successo dell’applicazione del JATO nel Regno Unito fu la sua installazione a bordo di Hawker Hurricane imbarcati su navi da trasporto. Questa soluzione consentiva alle mercantili di catapultare i velivoli all’istante e nel minimo spazio possibile non appena venisse avvistato un aerosilurante delle forze dell’Asse, garantendo una copertura tempestiva ai vitali corridoi logistici Alleati.
A guerra inoltrata, negli anni ’40, il successo di queste prime applicazioni di endoreattori aeronautici solcò l’oceano e atterrò sulla scrivania dell’immortale Theodore Von Kàrmàn, a cui venne affidato dalle autorità federali un lavoro di ricerca analogo a quello dei suoi colleghi eurasiatici. Già nel 1941, un razzo a propellente solido in polvere d’allumino e nitrato d’ammonio sviluppato dal suo team riuscì a far decollare un Encroupe dall’aviosuperficie di March Field, seguito nel ’43 da Charlie 86, un idrovolante PBM Mariner che invece era assistito da un apparato a propellente liquido.
Il reattore GALCIT1400 ALDW installato sul Mariner funzionava con monoetilanilina come combustibile e una miscela di acido solfidrico e acido nitrico fumante rosso come ossidante. Il fatto che il propellente fosse ipergolico (l’accensione avvieniva in modo spontaneo al contatto del combustibile con il comburente) rese superflue pompe di carburante e sistemi di accensione e fornì un incredibile vantaggio rispetto al solido fin’ora sperimentato, in quanto bastavano solamente delle semplicissime valvole per controllare il flusso dei due composti e regolare meticolosamente la loro combustione.

Guerra Fredda: sviluppi e deterrenza
Al palesarsi della Guerra Fredda, la ricerca tecnologica aerospaziale subì una vertiginosa accelerazione, che in questo ambito si tradusse con lo sviluppo del programma ZELMAT (ZEro-length Launch, MAT landing): si trattava di una fionda a reazione per caccia da supremazia aerea e cacciabombardieri (ZEL), pensata per poter fornire risposta immediata in qualsiasi momento, anche nel caso di massicci bombardamenti o attacchi nucleari che avrebbero reso completamente inutilizzabili le piste, congiunta con l’utilizzo di materassini portatili (MAT) per consentire agli stessi di poter atterrare in qualsiasi zona, senza estrarre i carrelli.
I primi prototipi vennero testati con successo, almeno per quanto riguarda la componente ZEL, sugli F-84.
Il progetto completo aveva un obiettivo ancora più avanzato: nell’ottica di un conflitto non convenzionale tra i blocchi Orientale e Occidentale, gli strateghi NATO miravano a rendere la catapulta una vera e propria misura di deterrenza atomica, dispiegandone ingenti quantità nelle basi della Germania Occidentale e rendendola compatibile con il lancio di F-100 armati di testate nucleari, capaci di fornire un contrattacco immediato in caso di First Strike e tornare celermente oltre il confine senza necessitare di alcuna infrastruttura a loro supporto.

Il tramonto
Con l’avvento del V/STOL (Vertical/Short Take Off and Landing) e di un generale potenziamento delle performance dei propulsori, JATO divenne una tecnologia abbastanza superflua e obsoleta, e vide una notevole riduzione della sua finestra di impiego, conservando posto esclusivamente su cargo militari medio/pesanti e trovando pochissime opportunità di applicazione in aviazione civile.
A oggi, la produzione di sistemi JATO è sospesa.

Applicazioni militari
In ambito militare, il suo impiego più noto è senz’altro a bordo dell’iconico C-130 Hercules, sia in qualità di supporto alle operazioni in ambienti estremi (artico, deserti…), che come dimostratore tecnologico imbarcato su Fat Albert, la versione modificata in dotazione ai Blue Angels, la pattuglia acrobatica della Marina statunitense. Durante gli spettacoli, il decollo assistito dello stesso era un vero e proprio numero della performance, e fu una constante durante la grandissima maggioranza dei loro airshow, fino al 2009, quando le ricariche stoccate dai decenni precedenti si esaurirono definitivamente.
Altri cargo tattici sfruttarono lo stesso sistema per potersi dimostrare più competitivi e versatili rispetto a quanto consentito dai limiti tecnologici dell’epoca: tra questi figurano il C-47 Skytrain, versione militare del DC-3, il Fairchild C-123 Provider e l’immenso B-47 Stratojet.
Tra i caccia, l’esempio più eclatante è quello dell’F-104 Starfighter, che, combinato al già citato ZELMAT, era equipaggiato di tali razzi per staccarsi da terra nel minor tempo possibile in caso di emergenza. Tuttavia, l’entusiasmo per questa soluzione fu fugace, poiché l’aereo aveva già guadagnato una reputazione discutibile come “Fabbrica di Vedove”, a causa dalla sua complessità tecnica e dall’elevata velocità operativa, fattori che contribuirono a numerose tragedie in servizio. L’intento del JATO per migliorare la prontezza operativa si scontrò quindi con la necessità di mantenere il controllo e l’autorità nelle mani esperte dei piloti, e si rese necessario trovare un compromesso tra il desiderio di spingersi oltre i limiti e la necessità di garantire la sopravvivenza degli equipaggi, cancellando il programma.

Applicazioni civili
Per quanto riguarda l’aviazione civile, l’esempio più notevole di integrazione è quella che trovò sul Boeing 727.
Il 727, aereo di linea narrowbody introdotto negli anni ’60 e noto per le sue prestazioni notevoli, non era originariamente progettato per montare suddetti razzi, ma si rivelò cruciale per aprire rotte che collegassero USA e stati dell’America Centro-Meridionale, dove le condizioni climatiche estreme rendevano altresì impossibile l’impiego dei motori a turbina dell’epoca. I propulsori vennero installati sulla fusoliera, appena dietro le ali, di una dozzina di modelli 727-200, più lunghi e pesanti della versione originale 727-100, e furono designati dal produttore per uso esclusivo in caso di decollo a pieno carico da zone calde ed elevate. Questo accorgimento permise a compagnie come Mexicana di poter sfruttare la completa capacità dei suoi 727, senza incorrere in limitazioni legate al carico massimo, necessarie da regolamentazione nell’eventualità della perdita di un motore al raggiungimento di V1. Con lo sviluppo dei più potenti motori JT8D, il JATO venne nuovamente ritenuto obsoleto e scartato definitivamente.
Si trova anche notizia di marginali apparizioni di sistemi per l’assistenza al decollo nell’ambito dell’aviazione generale, dove aerei come il Beechcraft Twin Bonanza sono venduti con configurazione opzionale JATO. È necessario aggiungere, però, che questi specifici modelli hanno visto una diffusione quasi nulla.

Verso nuove frontiere
Il JATO rappresenta un capitolo affascinante e dinamico nella storia dell’aviazione, in cui la fusione di tecnologie missilistiche e aeronautiche ha dato vita a soluzioni straordinarie per questioni che all’epoca erano più che perniciose. Mentre l’avvento di altre tecniche più avanzate ha ridotto l’importanza di questa tecnologia in quasi ogni area, la sua eredità continuerà a persistere nei successi, nelle sfide affrontate sia nell’ambito militare che civile e nell’ispirazione continua per gli ingegneri e gli aviatori che cercano di spingersi oltre i confini dell’impossibile, anche quando sarà completamente sparito da ogni singolo hangar e magazzino.
Guardando al futuro, l’evoluzione dell’aviazione continuerà a essere guidata da un incessante desiderio di superare limiti e sfide e, sebbene il Jet-Assisted Take Off possa essere pronto al pensionamento, la sua storia ci insegna che anche la più semplice soluzione innovativa porta sempre con sé un’impressionante moltitudine di nuove opportunità e sfide.

A CURA DI
Edoardo Blanco


Fonti:
https://generalaviationnews.com/2019/02/07/jato-pushed-performance/
https://ieeexplore.ieee.org/abstract/document/6866438
Development of rocketry and space technology in the USSR – Glushko, Novosti Press
https://avgeekery.com/boeing-actually-tried-rocket-assisted-takeoffs-on-the-727/
https://media.defense.gov/2017/Jun/26/2001768952/-1/-1/0/ADAMS_JATO.PDF
https://www.aopa.org/news-and-media/all-news/1999/september/pilot/beech-twin-bonanza
https://airandspace.si.edu/collection-objects/jato-jet-assisted-take-off-unit-ercoupe/nasm_A19680556000
https://web.archive.org/web/20161201211111/http://www.tailsthroughtime.com/2010/04/ive-always-had-soft-spot-for-boeing-727.html
https://www.space.com/16240-rockets-jet-assisted-take-off-units.html