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#AESASpazio: SPACE APERITIF “ESPLORAZIONE SPAZIALE”

Introduzione  

Di recente, lo scorso 31 maggio, abbiamo avuto occasione di essere partecipi allo Space Aperitif, esperimento per un nuovo tipo di evento organizzato da AESA Torino.  


La conferenza ha come obiettivo principale quello di essere un’occasione che gli studenti (e non solo) possono avere per incontrare alcuni dei massimi esperti del settore aerospaziale, sentire le loro opinioni in merito ai vari argomenti dell’evento, e poter poi interagire con loro tramite domande e approfondimenti successivi.  


L’oggetto dello Space Aperitif di quest’anno, come da titolo, è quello dell’esplorazione spaziale, dai cenni storici fino al presente, guardando infine al futuro, con un particolare interesse al ruolo che Torino ha avuto nello sviluppo del panorama spaziale italiano, europeo e mondiale.  


Entrando nel vivo dell’evento, le figure di spicco che abbiamo avuto il piacere di accogliere sono il Dott. Antonio Lo Campo, noto giornalista scientifico specializzato nel settore spaziale e aeronautico, e il Prof. Giancarlo Genta, ex professore del Politecnico di Torino, oltre che autore di numerosi testi di formazione, di articoli e di volumi sull’esplorazione spaziale.  


A seguito dei due interventi si sono susseguite le domande del pubblico, e l’evento è terminato con un apericena offerto dai membri di AESA, finanziato in parte anche dal Politecnico di Torino.  


Procediamo quindi con il recap del primo Space Aperitif di AESA Torino!   


Intervento del Dott. Lo Campo:  


Il vero inizio per l’industria aerospaziale piemontese è stato a Woomera, in Australia, zona desertica dove il primo razzo europeo, Europa-1, è stato lanciato. Al progetto hanno collaborato 4 nazioni, ossia Francia, Regno Unito, Germania e Fiat Aviazione, portando a uno storico di non troppo successo, con 8 fallimenti su 10 tentativi totali, ma ponendo le basi per quello che sarebbe stato l’Ariane, oggi ormai cavallo da tiro dell’Europa spaziale.  


Dopo gli anni ’60 il contributo di Fiat Aviazione è stato di importanza sempre maggiore, tanto che questa si unirà con Aerfer nel 1969, dando origine a Aeritalia, nuova grande realtà dello spazio italiano, da cui nascerà poi Alenia Aeronautica nel 1990 e Thales Alenia Space nel 2007. 

Sarà proprio da Aeritalia che, grazie alla leadership del prof. Ernesto Vallerani, si formò un gruppo di ingegneri torinesi che progettò e sviluppò il modulo pressurizzato Spacelab, lanciato con successo nel 1983 a bordo dello Space Shuttle Columbia. Ai tempi lo Spacelab aveva un volume veramente minimo, e dei 25 voli previsti solamente 22 hanno raggiunto lo spazio, colpevole anche il famoso incidente dello Shuttle Challenger, ma gli va riconosciuto il merito di aver posto le basi per la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nei successivi decenni. Guardando al futuro, attualmente sta venendo costruita Axiom, la prima stazione spaziale privata, con obiettivi commerciali, e per il suo completamento sarà fondamentale l’eccellenza italiana nella produzione di moduli pressurizzati. 

La ISS dovrebbe proseguire le sue operazioni fino al 2030/2031, e tra i suoi obiettivi finali ci sarà quello di consentire ai primi moduli di Axiom di collegarsi a essa, prima che questa possa staccarsi una volta concluso il suo assemblaggio e proseguire in autonomia.  


Sempre italiana è la collaborazione a progetti come TETR (Tethered Satellite System), satellite sferico dotato di un cavo metallico di 20km, portato in orbita tramite lo Shuttle, il cui obiettivo era di generare energia “gratuita” utilizzando il campo magnetico terrestre, in maniera potenzialmente più ottimale rispetto agli ingombranti pannelli solari. Il progetto risultò parzialmente di successo, consentendoci anche di portare Franco Malerba nello spazio nel 1992, in un primo tentativo dove il cavo si inceppò dopo solo 250 metri; nel 1996 Maurizio Cheli e Umberto Guidoni riprovarono l’esperimento, questa volta dispiegando l’intera lunghezza del conduttore. 

In tema ISS, fondamentale è anche la produzione di Cygnus, veicolo da rifornimento senza equipaggio e privo della capacità di rientro nell’atmosfera terrestre, realizzato con una grossa collaborazione di Thales Alenia Space, responsabile della produzione del modulo pressurizzato. 

In più, parlando di satelliti, molto importante è l’attuale sviluppo dei Cube Sat, alcuni lanciati anche dallo stesso politecnico (il primissimo si chiamava PiCPoT). Da lì è partita un’evoluzione che ha coinvolto numerose piccole e medie imprese del settore spaziale, come TAIVAC, Space Industries (più strutturata), e la ben nota Argotec. 

Nel frattempo, a livello globale, il mercato è esploso: basti pensare ai migliaia di satelliti Starlink che Elon Musk ha lanciato con SpaceX, trasformando il panorama delle telecomunicazioni e dell’accesso allo spazio.  


Difficile è in questo campo non citare quella che è stata l’importanza di ALTEC, la nostra “piccola Houston”, centro di comunicazione con gli astronauti, che da poco ha celebrato 20 anni. L’azienda è anche il Centro Operativo di Supporto Missione per ExoMars, un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) bipartito tra una prima parte, ormai conclusa nel 2016, e una seconda, attualmente ancora in lavorazione. 

La prima fase della missione ha portato un orbiter attorno a Marte per studiarne l’atmosfera e la sua composizione, mentre la seconda ha avuto una serie di rinvii, l’ultimo dei quali fatale per lo sviluppo del progetto, in quanto legato al conflitto diretto tra Ucraina e Russia, quest’ultima partner chiave per la realizzazione del lander e l’operatività del lanciatore. L’ESA ha deciso di far ripartire il progetto rompendo la collaborazione con la Russia, ma questo ha ovviamente portato ad un allungamento importante dei tempi, con il progetto che a conti fatti dovrebbe giungere al termine nel 2028, servendosi di un Falcon Heavy di SpaceX come lanciatore. 

In più, per chiudere, sempre in ALTEC si sta lavorando anche a un mock-up del terreno lunare, adatto a simulare condizioni quanto più simili all’ambiente del nostro satellite, in maniera del tutto analoga a come già è stato fatto per Marte nella stessa azienda.  


Parlando proprio di lanciatori, recentemente è andato in pensione Ariane 5, massimo esponente europeo dei vettori spaziali, con all’attivo un numero altissimo di voli. A livello prettamente teorico avrebbe anche potuto portare astronauti tramite Hermes, ma vari disguidi con l’agenzia spaziale francese hanno di fatto impedito che questo potesse mai avvenire. Buona parte del motore centrale è stato prodotto negli uffici di Fiat Avio, in Corso Ferrucci, qui a Torino, mentre i due booster laterali sono stati progettati a Colleferro, vicino a Roma. 

Come seguito di Ariane 5 è ormai sempre più vicino Ariane 6, che per ora ha compiuto due lanci di prova, entrambi di successo. Novità del lanciatore è l’utilizzo del motore Vulcain 2.1 al primo stadio, aggiornamento rispetto al Vulcain 2 di Ariane 5, e del Vincent al secondo stadio, miglioramento del HM7B precedente. 

Sempre a tema lanciatori, difficile non nominare anche Vega, più piccolo di Ariane e generalmente lanciato in Guyana francese, anch’esso legato alla Fiat e sviluppato a Colleferro.  


Guardando alla Luna, siamo ormai sempre più vicini a Gateway, la stazione spaziale che orbiterà attorno al nostro satellite. Il primo modulo HALO è stato costruito in gran parte a Torino nelle sue componenti e sistemi termici attivi e passivi, e questo ora si trova in Arizona, per essere ultimato e poi spedito con un Falcon Heavy di SpaceX. Gateway sarà un vero e proprio avamposto lunare, più piccolo della ISS e in cui non si potrà soggiornare per più di 45/60 giorni consecutivi, onde evitare potenziali pericoli legati alle radiazioni che potrebbero insorgere con permanenze maggiori. 

Purtroppo i problemi politici degli ultimi tempi, oltre che un recente taglio di budget alla NASA, hanno messo a repentaglio l’intero programma, ma l’internazionalità del progetto è tale che a mio avviso questo verrà comunque portato avanti, nonostante le difficoltà durante il percorso. 

Sulla superficie lunare l’arrivo di cargo sarà gestito anche dall’ESA grazie al modulo Argonaut, dotato di una serie di attrezzature adatte a costruire le prime basi, oltre che Polaris, prodotto italiano sempre legato a Thales Alenia Space, che sarà un rifugio su ruote collocabile in più posizioni a seconda delle necessità.  


Ovviamente, per concludere con un po’ di sano patriottismo, devo citare anche il prodotto torinese per eccellenza, ovvero La Stampa, che ha con Maurizio Cheli scalato anche l’Everest. Infatti, l’astronauta si è portato il giornale fino alla punta della cima più alta del mondo, vetta che l’astronauta ha deciso di scalare dopo esserne rimasto impressionato dalla sua visione a 400km di altezza.     


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Intervento del Prof. Giancarlo Genta:  


Alla fine degli anni ’60 sono state 6 le missioni a portare l’uomo con successo sulla superficie lunare, ma dopo l’ultima, nel 1972, non ci siamo mai più andati, per una miriade di motivi. Oggi, tuttavia, pare che le cose stiano andando in maniera diversa, come mai?  


Prima di tutto, lo spazio non è ormai solamente un settore di cui si occupano le entità statali, ma sono sempre più presenti i privati, che finalmente non sono solamente dei produttori a cui si rivolgono le agenzie spaziali pubbliche, ma degli attori indipendenti, che riescono ad arrivare da soli fino alla diretta esplorazione dello spazio. 

Stiamo uscendo dalla mentalità conservatrice del successo a tutti i costi, permettendoci di fallire al fine di progettare missioni sempre più ottimali e migliorare con una velocità di gran lunga superiore a come si era mai fatto prima. Come intuibile, tramite questo tipo di approccio è possibile risparmiare tantissimo tempo, molto denaro e massimizzare dunque il profitto, spendendo fino a 10 volte di meno rispetto all’equivalente pubblico, fattore fondamentale per un privato.  

Le agenzie spaziali sono limitate perlopiù da moventi politici, per cui ogni spesa è associata ad un certo numero di posti di lavoro assegnabili, e in questi termini un’agenzia poco efficiente produce più personale attivo; inoltre, per un privato non è legalmente possibile vendere ad una agenzia spaziale un prodotto con più di un certo margine di guadagno, rendendo poco efficiente la comunicazione tra azienda e settore pubblico, il che produce come immediato effetto una chiara levitazione dei costi. Per esempio, parlando del Gateway e dello Space Launch System, Boeing (finanziata pubblicamente) si sta dimostrando come inefficiente e tardiva rispetto a SpaceX, tanto che pur di rallentare i tempi per tutti ha minacciato numerosi licenziamenti, in barba a quello che dovrebbe essere l’obiettivo finale del programma spaziale.  


Purtroppo, da questo punto di vista in Europa siamo ancora molto indietro, soprattutto da un lato legale e burocratico, mentre negli Stati Uniti e in Cina la crescita è già particolarmente visibile da anni, nonostante le limitazioni alla libertà di impresa presenti in oriente, tipiche del socialismo di mercato (che a mio avviso finiranno per essere molto limitanti nel lungo periodo, come ovvio che sia). 

In generale, comunque, bisogna dire che la regolamentazione arranca un po’ ovunque, riuscendo a malapena a restare dietro agli sviluppi dell’industria, come nel caso delle autorizzazioni per i voli di prova per Starship, spesso tardive e dannose per SpaceX e l’intero programma Artemis.  


Dopo tantissimo tergiversare, pare che la NASA abbia finalmente deciso di investire nello sviluppo della propulsione nucleare, fondamentale per andare oltre la Luna e esplorare il resto del sistema solare (e magari anche oltre). Da qui nasce il progetto Draco, progettato dalla NASA e assegnato a un privato (un po’ alla vecchia maniera), con prospettive di ridurre i tempi di transito Terra-Marte da 8 mesi a 4. In maniera simile è nata l’idea del Sun Bird, primissimo tentativo di propulsore a fusione nucleare. 


Guardando verso le stelle, stiamo ogni giorno scoprendo tantissimi pianeti, molti dei quali potenzialmente simili al nostro, abitabili o magari già abitati. 

Quindi, è fattibile andare oltre il sistema solare? Secondo me, sì… ma ci vorrà un sacco di tempo. 

Personalmente penso che i motivi per cui arrivare vicino ad altre stelle richiederà così tanto tempo (fino a qualche secolo) non sono legati alle tecnologie, perché il nucleare potremmo già avercelo da parecchio, quanto piuttosto all’imprevedibilità dell’arrivo a destinazione. Come intuibile, infatti, si dovrà conoscere la meta prima di arrivarci, così da capire come stabilirsi, e lo studio delle possibili destinazioni è attualmente molto complesso, considerato che anche i mezzi più rapidi che teoricamente immaginiamo di produrre comunque impiegherebbero anni per arrivare e in pochi secondi “supererebbero” i pianeti interessati, senza aver modo di fermarsi in tempo e rendendo impossibili osservazioni di lunga durata. L’unica possibilità, allo stato attuale delle cose, è trovare un modo per fermarsi, così da stare in orbita attorno ai pianeti di altri sistemi solari.  


Per ora, quindi, conviene concentrarsi sulla Luna e su Marte.     


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Domande del pubblico  


1 - L’esplorazione spaziale oggi può dirsi popolare come era negli anni ’60? Si può dire che l’esplorazione spaziale oggi sia popolare nella massa?  


Genta:  Domanda difficile, oggi il pubblico generale è molto sfaccettato, ci sono tantissime sottoculture e in alcune il tema spaziale ha preso una certa popolarità, mentre in altre non si può dire sia questo il caso. 

Particolarità delle aziende private è forse proprio questa: l’interesse pubblico non è la loro maggior guida, essendo queste interessate principalmente al profitto e all’innovazione. 

In ogni caso, neanche allora lo spazio era un tema così tanto di interesse, per quanto ci siano stati brevi picchi di popolarità con il Sojourner e l’Apollo 11.  


Lo Campo:  L’uomo nello spazio e l’uomo sulla Luna hanno preso molto più il pubblico dell’intera storia aerospaziale italiana di cui abbiamo parlato oggi, in un certo senso. Per quanto nei giornali tante notizie fossero sempre riportate, non c’è in realtà mai stato un lato così tanto favorevole da parte delle masse.    


2 - Nei vostri interventi si è parlato della libertà nei rispetti delle aziende private, ma concedergli tutto questo spazio non potrebbe portare a distogliere lo sguardo dal vero obiettivo dell’esplorazione? Penso al caso di Blue Origin, volo di 5 minuti nello spazio, criticato ampiamente per il fattore ambientale e in generale negativo per la visione dello spazio da parte delle masse.  


Genta:  Blue Origin, capitanata da Jeff Bezos, ha voluto iniziare la propria avventura nello spazio lentamente, con dei voli suborbitali legati direttamente al turismo spaziale. Questo tipo di approccio è stato tuttavia un modo per finanziarsi, oltre che per poter lanciare il New Glenn, lanciatore molto più serio e ha già dato i suoi frutti, sviluppando con il New Shepard tutti i sistemi di atterraggio.  


Lo Campo:  Personalmente non mi sono completamente chiare le critiche a New Shepard, in quanto è vero che questo non ha un esito pratico vero e proprio, ma esso ha posto le basi per l’arrivo di New Glenn, del lander Blue Moon e in futuro sicuramente anche per New Armstrong.    


3 - ExoMars ha dovuto cambiare lanciatore e collaborazione, passando dal supporto russo a quello americano. In questo senso, l’Europa non si trova a essere per forza dipendente dagli altri?  


Lo Campo:  Purtroppo sì. In generale siamo competitivi in tutti i settori, ma restano pur sempre lacune in diversi campi, come il fatto che l’ESA non possegga all’attivo una capsula per il trasporto di esseri umani dalla Terra all’orbita. 

Di questo passo, ci sarà un futuro in cui ci ritroveremo anche a chiederla anche a Emirati Arabi Uniti e India? Sarà da vedere come vanno le cose.    


4 - Quanto sarebbe difficile, considerata la già presente difficoltà intrinseca di missioni come quelle che ipotizziamo per Marte (della durata di un paio di anni), organizzare delle missioni ancora più lunghe (fino a un decennio) con dei rischi così elevati?  


Genta:  Personalmente non penso che potremo ambire a obiettivi superiori a Marte fino all’anno 2200, ma per quel momento dovremmo aver almeno colonizzato il pianeta rosso. Dall’occupazione di altri pianeti o della stessa Luna, infatti, deriva la capacità di costruire direttamente in loco veicoli giganteschi, potenzialmente habitat mobili, così da consentire l’insediamento umano anche per lunghi periodi.

Quest’ultimo è un aspetto fondamentale, in quanto potrebbe essere necessario rimanere in orbita anche per decenni, in attesa di avere le condizioni adatte per scendere sul suolo degli astri di interesse.

Non vedo motivi per cui questo processo dovrebbe essere impossibile, ma è inutile negare che questo richiederà tantissimo tempo.    


5 - Come affronteremmo i pericoli e i danni dovuti alle radiazioni per i viaggi di diversi mesi verso Marte, considerato che l’unica esperienza che abbiamo è diretta alla Luna, con missioni durate al massimo qualche giorno?  


Genta:  In realtà, noi sappiamo già quali sono le radiazioni, anche se non abbiamo visitato questi posti direttamente, per cui il discorso diventa statistico: è possibile non aumentare il rischio di cancro oltre il 3% in un viaggio di andata e ritorno verso Marte? Con le precauzioni adatte, l’impresa è assolutamente fattibile. 

Le radiazioni dipendono molto dal metabolismo, e già esistono farmaci che limitano notevolmente questo tipo di rischio. La schermatura passiva, formata dalle barriere utilizzate per assorbire o deviare le radiazioni, è semplice da realizzare ma poco efficace, per cui si dovrà lavorare a delle schermature elettromagnetiche attive. Inoltre, sarà necessario considerare l’ibernazione, il cui scopo è di rallentare la divisione cellulare e ridurre così il potenziale effetto dannoso delle radiazioni.    


6 - Che opinioni avete in merito a una possibile collaborazione tra l’ESA e l’Agenzia Spaziale Cinese? È fattibile? Come dovrebbe essere gestita?  


Genta:  La collaborazione con la Cina potrebbe essere molto interessante, ma non penso che sarà attivamente considerabile nel breve periodo. Il problema in questo caso non sono mai le persone singole, quanto i governi, soprattutto nel caso di uno autoritario come quello cinese, per via dell’indissolubile collegamento tra le tecnologie spaziali e quelle militari. Gli Stati Uniti hanno un veto diretto legato a qualsiasi esportazione militare, per cui lavorare con la Cina ci porterebbe a rinunciare automaticamente alle collaborazioni attualmente stipulate con gli americani.  


Lo Campo:  Le uniche collaborazioni possibili, che in un certo senso ci sono già state, non dovrebbero essere in alcun modo legate a tecnologie statunitensi, restando confinate al puro obiettivo scientifico, senza fine militare di nessun tipo, neanche indiretto.    


7 - In seguito ai molteplici scandali politici legati al presidente Trump, Elon Musk ha creato un grande danno alla sua immagine e alla reputazione delle sue aziende. È possibile che la NASA possa essere scalzata dal posto di leader del settore?  


Genta:  Personalmente la vedo molto dura, considerando che anche la NASA già dai tempi di Obama già ha iniziato a lavorare molto da vicino con dei mezzi privati. Considerati i progetti attuali delle aziende, primo tra tutti quello di Starship, ogni genere di scoperta o innovazione nel campo sarà comunque parte dell’operato NASA.   



Conclusione 


Grazie a tutti per aver partecipato al nostro primo Space Aperitif! 


Siamo grati ai relatori per i loro preziosi contributi e a voi, il pubblico, per la vostra attenzione e coinvolgimento. Speriamo di rivedervi ai prossimi eventi, a presto!     


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Lo staff organizzatore dell’evento 

 


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