#AESASpazio: LACE e SABRE: dal suolo allo spazio orizzontalmente
- Alessio Notarnicola
- 6 nov
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 2 giorni fa
Siamo onesti, la fantascienza a volte la fa fin troppo semplice. Navicelle spaziali decollano come aeroplani, raggiungono l’orbita e tornano giù come se nulla fosse, ma nella pratica avere motori che possano coprire l’intero viaggio con buona efficienza non è banale.

Gli endoreattori, cioè motori che producono spinta utilizzando unicamente il fluido contenuto nei propri serbatoi, rappresentano la soluzione più gettonata per l’accesso allo spazio, grazie alla loro capacità di operare in un’ampia gamma di quote. Tuttavia, presentano un impulso specifico piuttosto basso, e quindi consumi elevati, dovuto al fatto che devono trasportare non solo il combustibile ma anche l’ossidante necessario alla combustione. Al contrario, gli esoreattori, che impiegano il fluido esterno come mezzo di lavoro, offrono maggiore sicurezza, scalabilità e un impulso specifico superiore, ma funzionano in condizioni operative più ristrette, solo in presenza di aria non troppo rarefatta e a determinati Mach a seconda del motore.
Ma se l’ossidante è una parte rilevante del peso al decollo, perché non raccoglierlo dall’aria? È proprio da questa idea che, negli anni ’50, nacquero i primi studi su motori aeronautici che combinassero i pregi di esoreattori e endoreattori, i Liquid Air Cycle Engine.
Il motore LACE ha due modalità di funzionamento: salendo, liquefa l'aria in ingresso, mentre oltre una certa quota brucia l'ossigeno raccolto con l'idrogeno come farebbe un endoreattore convenzionale.
Nel LACE il potere criogenico dell’idrogeno liquido è sfruttato per raccogliere calore dall’aria in ingresso. Similmente a quanto accade in un ciclo rigenerativo, riscaldare l’idrogeno prima della combustione migliora l’efficienza del ciclo termodinamico. Ma le sfide ingegneristiche di una simile configurazione sono molteplici.
L’aria in ingresso a una presa supersonica può facilmente raggiungere i 1000°C, realizzare scambiatori termici in grado di liquefare l'ossigeno a − 183 °C per grosse portate non è triviale e richiede materiali in grado di resistere a shock termici rilevanti. Inoltre, poiché l’ossigeno rappresenta solo circa il 25% della massa dell’aria, l’idrogeno necessario per raffreddare l’intero flusso è in eccesso e circa due terzi deve essere espulso senza essere combusto. Ciò fornisce una spinta utile ma riduce notevolmente l'efficienza potenziale.
A temperature così basse, l’umidità e la CO₂ presenti nell’aria possono solidificare e bloccare i condotti del pre-cooler. Il contatto tra l’idrogeno liquido e i materiali metallici comporta inoltre il rischio di fragilità da idrogeno (embrittlement), che ne riduce la resistenza meccanica. A ciò si somma il pericolo di reazioni esplosive in caso di perdite durante il passaggio di calore tra ossigeno e idrogeno.
Un altro problema fondamentale è legato alla ram drag, ovvero la resistenza dovuta all’ingresso dell’aria nella presa d’aria. Ponendosi su un sistema di riferimento solidale con il terreno, l’aria inizialmente ferma è accelerata alla velocità del velivolo. Il lavoro necessario ad operare tale accelerazione è compiuto dalla ram drag. Quest’ultima aumenta con la velocità fino a eguagliare il valore di spinta, ponendo un valore limite alla velocità del velivolo.
Ciò è evidente anche a partire dall’equazione di Tsiolkovsky, che descrive il moto di corpi a massa variabile. Nel caso di un velivolo air-breathing, la velocità limite dipende dalla velocità di efflusso dall’ugello ve e dal rapporto tra le portate di idrogeno e ossigeno. Per la reazione ossigeno-idrogeno, ve è circa 4000 m/s, ma considerando che nell’aria l’ossigeno è “diluito” nella miscela con azoto e altri gas, il valore effettivo si riduce a circa 2000 m/s. A causa delle considerevoli perdite di idrogeno e della bassa concentrazione di ossidante, il delta-v risultante è inferiore ai circa 7.8 km/s richiesti per raggiungere l’orbita. Un motore LACE, quindi, non può raggiungere lo spazio a meno di separare completamente l’ossigeno dal resto della miscela atmosferica.

Negli anni ‘80 un consorzio di British Aerospace e Rolls Royce lavorò al progetto HOTOL (HOrizontal Take Off and Landing) per la realizzazione di uno spazioplano riutilizzabile in grado di decollare e atterrare orizzontalmente che impiegasse un motore LACE-like: l’RB545 ("Swallow") di cui sfortunatamente non si sa molto causa segretazione dei documenti. Dalle ceneri di questo progetto nel 1989 nacque Reaction Engines Limited, che sviluppò il progetto per lo spazioplano Skylon e un nuovo motore SABRE (Synergetic Air Breathing Rocket Engine).

Il SABRE risolve molti problemi fondamentali della configurazione LACE.
L’ossigeno non è liquefatto ma solo raffreddato fino alla temperatura di − 150 °C e gli scambi termici avvengono mediante un ciclo chiuso intermedio di elio. L’elio non solo raffredda l’ossigeno e riscalda l’idrogeno, ma, espandendosi in turbina, fornisce anche lavoro utile per comprimere l’ossigeno e azionare le turbopompe di LH₂. Raffreddare il flusso in ingresso permette di aumentare la portata, proteggere i componenti meccanici e, come per il LACE, migliorare l’efficienza termodinamica.
Da progetto lo Skylon in regime subsonico si comporta come un normale velivolo, in regime transonico e supersonico (da Mach 0.8 a Mach 2) l’aria in ingresso è raffreddata, in regime supersonico avanzato (da Mach 2 a Mach 5, fino a quota ~20–25 km) una parte del flusso bypassa il precooler e alimenta un anello di combustori/ramjet (ram-augmentation).
L’aria raffreddata invece è compressa ulteriormente (turbocompressore guidato dal ciclo a elio) e immessa nella camera di combustione insieme all’idrogeno; infine, intorno a Mach 5.5 e quote elevate data la rarefazione dell’aria, il motore passa in modalità razzo utilizzando LO2 stoccato a bordo da terra.
Per poter funzionare da terra all’orbita senza rischiare distacco del flusso, l’ugello è adattabile (expandable nozzle), e si è valutato di impiegare ugelli a deflessione di espansione (Expansion Deflection nozzle).
Lo scambiatore di calore rappresenta l’innovazione tecnologica cruciale di REL, capace di estrarre fino a 400 MW dall’aria in ingresso. Per rendere il motore adatto al volo, il precooler è stato progettato riducendo la massa a circa 1/50 rispetto alle applicazioni terrestri più avanzate.

I test a terra condotti tra 2002 e 2004 ne hanno confermato il corretto funzionamento. Nonostante la sfida più grande sembrasse risolta, REL ha interrotto lo sviluppo del progetto nel 2024 a causa della mancanza di investimenti.
Ad oggi forse, nell’era dei razzi riutilizzabili inaugurata da Space X, l’idea di uno spazioplano SSTO riutilizzabile sembra anacronistica e non è chiaro quale sia il futuro di design simili. Le tecnologie dello Skylon potrebbero, però, trovare nuova applicazione nel recente progetto INVICTUS di ESA per la creazione di un velivolo ipersonico sperimentale riutilizzabile a Mach 5 che pare utilizzerà proprio il precooler del SABRE.
A CURA DI
Alessio Notarnicola
Bibliografia:
[1] HEMPSELL, Mark, et al. Progress on the SKYLON and SABRE. In: Proceedings of the international astronautical congress. 2013. p. 8427-8440.
[3] A COMPARATIVE ANALYSIS OF SINGLE-STAGE-TO-ORBIT ROCKET AND AIRBREATHING VEHICLES THESIS Benjamin S. Orloff, Ensign, USN AFIT/GAE/ENY/06-J13 DEPARTMENT OF THE AIR FORCE AIR UNIVERSITY
[5]https://www.esa.int/Enabling_Support/Space_Engineering_Technology/Shaping_the_Futu re/INVICTUS_Europe_s_new_hypersonic_test_platform
Bibliografia immagini: Wikicommons



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