#AeroAESA: SFIDARE LA SIMMETRIA: IL NASA AD-1
- Alessandro Gavatorta
- 28 mag
- Tempo di lettura: 7 min
INTRODUZIONE
Dal primo momento in cui l’uomo ha iniziato a ideare, spesso si è ritrovato a trarre ispirazione dalla Natura, il miglior ingegnere mai esistito. Guardando al mondo animale, nello specifico quello volatile, possiamo osservare IL fattore comune: tutto ciò che vola è simmetrico.
Nella storia aeronautica, dagli albori dei fratelli Wright ai più moderni caccia di 6° generazione, il più grande denominatore comune penso sia proprio questo: la simmetria è da sempre sinonimo di stabilità, manovrabilità, armonia aerodinamica. La simmetria è sicurezza.
Man mano che l’aviazione prendeva piede e la tecnologia avanzava, i velivoli diventavano sempre più veloci, fino a raggiungere e superare il famoso “muro” del suono. Più le velocità aumentavano, più ci si inoltrava in nuovi confini fisici sempre più estremi, richiedendo agli ingegneri soluzioni via via più complesse e lontane da qualsiasi spunto che la Natura potesse fornire.
Fino agli anni ’50, nessuno aveva mai osato mettere in dubbio che la configurazione alare simmetrica fosse la migliore possibile, poi qualcosa cambiò. Un’idea innovativa, a tratti folle, che intendeva dimostrare come il volo fino a quel momento concepito, soprattutto a velocità supersoniche, poteva ancora essere migliorato e reso più efficiente.
Ciò di cui voglio parlarvi oggi è la storia di un velivolo che ruppe l’ormai scontata “regola di simmetria”, presentandosi come l’unico aereo nella storia capace di volare con configurazione alare asimmetrica. Oggi parleremo del NASA AD-1: il velivolo ad ala obliqua mobile.

ALI A GEOMETRIA VARIABILE E ANGOLO DI FRECCIA
Potendo collocare l’AD-1 nella grande famiglia dei velivoli con ala a geometria variabile (ovvero capaci di variare il proprio angolo di freccia durante il volo), ritengo utile aprire una breve parentesi su questa affascinante categoria di aerei.
In aeronautica, con angolo di freccia si intende quello formato tra il profilo alare di una semiala (o di un impennaggio), e l’asse trasversale di un velivolo. L’angolo è detto positivo se le ali sono rivolte verso la coda, negativo se rivolte verso il muso.

I primi studi di aerei capaci di compiere questa movimentazione alare risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con il celebre caccia tedesco Messerschmitt P.1101, il cui angolo di freccia era modificabile a terra. Il progetto non vide mai il completamento a causa della fine del conflitto.
Negli anni si susseguirono gli studi su questa tecnologia, partendo dal primo velivolo sperimentale Bell-X5, fino ai celebri F-14 Tomcat, Mig-23 etc.
Tra i principali vantaggi di questa tecnologia troviamo prestazioni ottimali ad alte e basse velocità, potendo modificare la velocità di stallo, la portanza e la resistenza aerodinamica, per favorire anche il volo a velocità supersoniche. Tutto ciò si andava ad applicare soprattutto in campo militare: questa capacità di configurazione mobile comportava una grande versatilità tattica da parte del velivolo, che poteva adattarsi a un vasto numero di operazioni.
A partire dalla fine degli anni ’70 però, i costruttori iniziarono ad abbandonare questa tecnologia, poiché i meccanismi per muovere le ali erano pesanti, ingombranti e complessi, quindi necessitanti di grandi attività manutentive, gravando sui costi operativi e sulle efficienze.
L’IDEA DELL’ALA OBLIQUA
L’intuizione di inclinare l’intera ala (e non solo le estremità) nasce negli anni ’50 dalla geniale mente di Robert T. Jones, ingegnere aeronautico della NACA (più tardi NASA), che già durante e dopo la Seconda guerra mondiale aveva avuto un ruolo determinante nello sviluppo delle ali a delta.

I suoi studi analitici e in galleria del vento avevano dimostrato che, a velocità supersonica, un’ala obliqua avrebbe garantito un risparmio di carburante doppio rispetto a un aereo con ali convenzionali, oltre che ridurre drasticamente la resistenza d’onda (wave drag) nel passaggio da subsonico a supersonico.
Tra gli altri vantaggi, con l’utilizzo di un’unica ala rotante si sarebbe ridotto il peso del meccanismo di rotazione della stessa, e contenuto significativamente lo stress di sforzo torcente sulla struttura da parte delle ali e della portanza da esse generata.
La configurazione di volo del progetto era divisa in tre fasi:
A basse velocità, durante atterraggi e decolli, l’ala sarebbe stata perpendicolare alla fusoliera, come negli aerei convenzionali, ottenendo massima portanza ed un maggior controllo;
Con l’aumento di velocità, l’ala avrebbe iniziato a ruotare attorno al proprio asse (centro di pivot), riducendo la resistenza e il consumo di carburante, arrivando a una configurazione asimmetrica, con un angolo di freccia positivo ed uno negativo;
Ad alte velocità, sia sub- che supersoniche, l’ala avrebbe raggiunto un angolo di freccia massimo di 60°, ottenendo e anche superando l’efficienza ad alte velocità delle classiche ali a freccia. Questi peculiari angoli erano studiati per ridurre la resistenza aerodinamica, consentendo una maggiore velocità e garantendo una maggiore autonomia, a parità di consumo di carburante.

IL PRIMO PROTOTIPO: L’OWRA
Verso la metà degli anni 70, iniziarono i primi test per raccogliere dati sul campo, quindi in modi non più solo teorici, ma anche empirici.
Il primo prototipo di OWRA (Oblique Wing Research Aircraft) era un piccolo velivolo a elica comandato da remoto, con un limite di rotazione dell’ala da 0 a 45 gradi. Con i suoi primi voli sperimentali, gli ingegneri poterono investigare sulla fattibilità pratica del volo con ala obliqua, ricercando le peculiari caratteristiche aerodinamiche e le leggi necessarie per raggiungere accettabili qualità di controllo nei sistemi di volo.


LA NASCITA DELL’AD-1
Grazie ai preziosi dati raccolti dai test effettuati con l’OWRA, si poté procedere con la seconda parte del piano di ricerca: la creazione di un secondo tester, questa volta pilotato da un essere umano a bordo.
Tra il 1979 e il 1982, i centri di ricerca di volo NASA Ames e Dryden, in California, studiarono l’unicità dell’ala rotante obliqua su un piccolo aereo subsonico a reazione, chiamato Ames-Dryden 1, o AD-1 (dove l’uno indicava il fatto che fosse il primo velivolo con questa configurazione).
Nei primi 18 mesi di volo, il programma di ricerca si svolse ruotando gradualmente l’ala, fino a raggiungere l’angolo massimo di 60 gradi a metà del 1981. Per tutto l’anno successivo furono raccolti dati sulle qualità di maneggevolezza e sull’aerodinamica, il tutto a diverse velocità e gradi di rotazione. Dopo 79 voli completati, nell’agosto 1982 l’AD-1 atterrò per l’ultima volta.

Di seguito vi consiglio un video Youtube dove è possibile osservare la rotazione in volo dell’ala, effettuata durante uno dei test:
CARATTERISTICHE TECNICHE
L’AD-1 venne consegnato a Dryden nel febbraio del 1979. Costruito dalla Ames Industrial Co, il piccolo prototipo costò alla NASA 240.000$, budget che andò ad aumentare a causa delle varie modifiche apportate durante i test.
Costituito da materiali compositi, per un peso totale di 900kg, il velivolo sperimentale era alimentato da due piccoli motori a turbogetto, ciascuno capace di generare circa 980N (≈100kg) di spinta a livello del mare, con una velocità massima di circa 320 km/h.
L’aereo era lungo 12 mt, con un’apertura alare di circa 9,7 mt; era dotato di un carrello d’atterraggio a triciclo fisso, montato vicino alla fusoliera per ridurre la resistenza aerodinamica. L’ala veniva ruotata da un meccanismo elettrico a ingranaggi, situato all’interno della fusoliera, subito davanti ai motori.


CRITICITA’ E FINE DEL PROGETTO
Ahimé, come ogni ingegnere sa bene, per ogni guadagno ottenuto spesso è necessario far fronte ad un prezzo da pagare.
Tra le criticità che il programma ha dovuto affrontare, ci sono diversi limiti strutturali, in quanto L’AD-1 era un piccolo dimostratore, costruito in materiali compositi, leggeri ma poco rigidi. A grandi angoli d’inclinazione, l’ala mostrava flessioni elastiche e vibrazioni, che riducevano la stabilità del volo. L’asimmetria causava diversi problemi di controllo e pilotaggio, come forze sull’ala principale e stalli asimmetrici, che avvenivano con ali inclinate oltre i 45°. Inoltre, questo prototipo volò solo a velocità subsoniche, mentre i veri benefici dell’ala obliqua si sarebbero avuti a velocità transoniche o supersoniche. I limiti tecnologici dell’epoca giocarono sicuramente un ruolo fondamentale nella fine del progetto: costruire un prototipo di dimensioni maggiori, capace di sopportare i grandi stress strutturali della velocità supersonica, sarebbe stata un’impresa lunga, complessa e costosa.
COSA È RIMASTO DELL’ALA OBLIQUA
Il concetto di ala obliqua, tuttavia, non è morto quell’agosto del 1982. L’idea è stata ripresa più volte negli anni, in progetti teorici e simulazioni, soprattutto per velivoli militari o per trasporto supersonico a lunga percorrenza.
Alcuni esempi di studi legati a questa peculiare configurazione di volo sono illustrati qui di seguito:
NASA Oblique All-Wing (OAW)
L’OAW era un progetto teorico degli anni ’90-2000 per un grande velivolo passeggeri senza fusoliera (tuttala) in configurazione obliqua. Studiato per voli molto lunghi, avrebbero avuto un’efficienza superiore del 20-30% rispetto a un jet convenzionale. Per chi fosse affascinato da questa idea, lascio di seguito il link di un file della NASA su studi e valutazioni preliminari, concept design del velivolo etc…
https://ntrs.nasa.gov/api/citations/19960023626/downloads/19960023626.pdf
Un più moderno concept di aereo passeggeri ad ala obliqua Northrop Grumman Switchblade
La statunitense DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) ha sponsorizzato nel 2005 studi concettuali sull’ala obliqua, per un drone bombardiere supersonico. Tra i vantaggi ricercati in tale configurazione si trovavano la drastica riduzione della firma radar e il consumo in crociera (con velocità massima a Mach 2). Questo progetto, tuttavia, si interruppe nel 2008, evidenziando la grande complessità dei sistemi di controllo.
Simulazioni CFD (Computational Fluid Dynamics)
Università e centri di ricerca continuano a esplorare configurazioni ibride (dove solo una parte dell’ala ruota), oppure sistemi di morphing (parti del velivolo adattive durante il volo), il tutto per ottenere gli stessi effetti dell’ala obliqua con meno componenti mobili.
CONCLUSIONE
Questo velivolo, unico nel suo genere, anche se rimasto sempre nella sua prima fase sperimentale, ha sicuramente segnato un momento storico nell’aviazione, dimostrando la fattibilità delle intuizioni di Robert T. Jones. I grandi investimenti necessari per la ricerca probabilmente scoraggiarono le case costruttrici a credere in questo progetto, preferendo concentrarsi nella già assodata ala simmetrica, che oggi vediamo su ogni aereo di linea.
Tuttavia, il futuro è pieno di sorprese, e con i sempre più avanzati sistemi digitali di controllo volo, forse riusciremo un giorno a superare i problemi che bloccarono il programma negli anni ’80, e a rivederlo solcare nuovamente i cieli.
Questa era la storia dell’Ames Dryden 1, un velivolo straordinario e rivoluzionario, oggi esposto all’Hiller Aviation Museum in California, per chi volesse ammirarlo da vicino.

A CURA DI
Alessandro Gavatorta
FONTI
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