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#AeroAESA - Air France 447: Neglizenza

Com’è possibile che si perdano le tracce di un aereo grande come un Airbus A330 per più di 8 ore? Come fa un aereo a precipitare senza lanciare alcun tipo di mayday?


Ci si aspetta che nel 2009 la quantità di comunicazioni tra aerei in volo e torri di controllo sia innumerevole; eppure, ci troviamo di fronte a un caso in cui il volo entra in silenzio radio e nessuno sa che fine abbia fatto finché non inizieranno le ricerche.


Photo: Wikimedia
Photo: Wikimedia


La notte del disastro

L'aereo lascia Rio de Janeiro il 31 maggio alle 19:03 ora locale con arrivo previsto all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi il 1º giugno alle 11:10 ora locale. A bordo sono presenti tre piloti: il Comandante, Marc Dubois, entrato a far parte di Air France nell'aprile 1997, con 10988 ore di volo totali, era sicuramente un pilota molto esperto; il primo ufficiale di riserva, David Robert, che nonostante la giovane età poteva vantare più di 6000 ore di volo e infine il primo ufficiale, Pierre-Cédric Bonin, il più giovane e inesperto dei tre, ma, nonostante ciò, aveva volato quella tratta specifica molte volte.


Essendo un viaggio notturno, richiede la presenza di un pilota di riserva in modo da permettere ai piloti di darsi il cambio a metà tratta per riposarsi, in modo da restare sempre vigili.


Durante un contatto radio l’equipaggio riferisce che il volo procede regolarmente. Tuttavia, poco dopo, l’aereo incontra una forte turbolenza dovuta a una violenta tempesta sull’oceano. Quello è l’ultimo contatto radio che ha il volo.


Alle 02:10 UTC, il sistema ACARS trasmette un messaggio automatico che segnala la disattivazione del pilota automatico. Un altro messaggio inviato nello stesso momento riporta la posizione dell’aereo. L’ultimo contatto avviene quattro ore dopo il decollo, alle 02:14 UTC: nell’arco di meno di cinque minuti, il sistema ACARS invia automaticamente 24 messaggi, segnalando diversi malfunzionamenti, tra cui problemi agli strumenti di bordo e una perdita di pressurizzazione nella cabina di pilotaggio. L’ultimo segnale indica che l’aereo stava perdendo quota a una velocità eccessiva.


Da questo momento in poi l’aereo sparisce e non si hanno più contatti.


Photo: Wikimedia
Photo: Wikimedia


Dopo l’incidente

Poiché l’aereo volava sopra l’oceano Atlantico l’area di ricerca dei rottami è incredibilmente ampia, si sa la velocità dell’aereo e la sua posizione nel momento in cui aveva mandato l’ultimo messaggio con il sistema ACARS. Nei giorni successivi, dopo un’intensa ricerca, vengono ritrovati i primi rottami, ma purtroppo nessun superstite. 



A questo punto il grande mistero rimane: perché l’aereo non riesce o non vuole mandare comunicazioni con le torri e come è possibile?


Nascono inoltre le prime teorie come per esempio l’attacco terroristico, questo perché l’aereo era modernissimo e l’equipaggio ben addestrato, non c’erano segni di eventuali malfunzionamenti o problemi di fattori umani. Ovviamente queste erano soltanto le prime supposizioni basate su pochissimi indizi, era necessario trovare le scatole nere per avere informazioni effettive.


Trovandosi sull’oceano Atlantico, l’impresa non è semplice poiché in alcune zone il fondale può raggiungere profondità anche di 4500 metri e l’area di ricerca è 17000 km².


Nell’attesa gli investigatori si concentrano sui messaggi inviati automaticamente dal sistema ACARS in modo da trovare un indizio che possa aiutarli a ricostruire l’accaduto. I messaggi ACARS pur essendo molto tecnici e rivelando ben poco sull’incidente possono fornire delle piste. Uno dei messaggi segnala un problema ai tubi di Pitot. Per i meno ferrati i tubi di Pitot sono dispositivi che misurano la velocità aerodinamica. Secondo i messaggi ACARS questi tubi sarebbero rimasti ostruiti, probabilmente le basse temperature avevano contribuito alla formazione di ghiaccio all’interno di questi tubi. Un tubo di Pitot ghiacciato non è catastrofico, i piloti sapevano bene come affrontare il problema e le appropriate misure correttive da prendere, il solo problema ai tubi non poteva giustificare l’incidente.


A questo punto gli investigatori spostano la loro attenzione sulle condizioni metereologiche della zona che stava attraversando l’aereo nel momento dell’incidente. Uno stallo provocato da una forte tempesta, anche a 10000 metri, può essere fatale, specialmente se una tempesta avesse danneggiato la componente strutturale dell’aereo, come per esempio un’ala o la coda. Si scopre che altri aerei avevano cambiato rotta per evitare le tempeste sull’Atlantico quella notte. Uno degli elementi più importanti per la ricostruzione è il ritrovamento della coda che non dava alcun segno di rottura da usura ma anzi, si era staccata al momento dell’impatto e non durante il volo. Poiché si scopre che l’aereo era intatto quando ha colpito l’acqua vengono immediatamente escluse due piste: la prima quella della turbolenza e della tempesta, la seconda quella della bomba. Infatti, in entrambi i casi l’aereo si sarebbe spezzato in volo e non in caduta.


Mentre il ritrovamento delle scatole nere rimane prioritario viene basata la ricerca sui pezzi della cabina di pilotaggio dai quali si ottiene un altro fondamentale dettaglio: l’impatto è avvenuto di piatto. L’accelerazione è avvenuta in modo verticale, non aveva picchiato.


Dopo 18 mesi di ricerche sono stati setacciati più di 20000 km² di fondale senza trovare niente, il costo totale dell’operazione è di 22 milioni di euro e per di più non si è sicuri che le scatole nere possano resistere per quasi due anni la pressione di quelle profondità. Dopo 2 anni interi, finalmente arrivano le immagini del relitto.


Photo: Wikimedia
Photo: Wikimedia

La profondità a cui si trova è quasi 4000 metri. Ora si cercano le scatole nere. Trovarle era stato unmiracolo. Anni di fatiche avevano finalmente dato i loro frutti, adesso basta sperare che siano ancora funzionanti.

Il registratore di cabina è danneggiato ma c’è una possibilità che i tecnici riescano a rimetterlo in funzione mentre il registratore di volo è funzionante.




La rivelazione

Quando l’aereo rileva il ghiacciarsi dei tubi di Pitot disinserisce il pilota automatico, in teoria la manovra che deve eseguire il pilota è semplicemente mantenere l’aereo stabile e il ghiaccio si scioglierà da solo. Ecco perché il ghiacciarsi dei tubi di Pitot viene considerato un problema minimo.


Il registratore di volo però rileva che i piloti in questo momento invece di mantenere stabile l’aereo decidono di alzarne il muso, salendo per più di 700 metri, facendo così l’aereo rallenta e fa scattare un allarme di stallo. Inspiegabilmente il pilota continua a tirare indietro la cloche invece di spingerla verso il basso per picchiare e riprendere portanza. Le azioni dei piloti sono completamente un mistero. Soltanto il registratore di cabina può rispondere a questi enigmi.


I tecnici con tutta la pressione mediatica del mondo hanno problemi a riportare in funzione il registratore ma dopo qualche settimana il momento della verità arriva: il registratore funziona.


Ecco cosa scoprono quindi gli investigatori:


Fino a 40 minuti prima dell’incidente il comandante è correttamente al suo posto e il volo sta procedendo tranquillamente. Il primo ufficiale sembra un po’ teso dall’idea di attraversare la tempesta ma il comandante procede con sicurezza. Poco dopo entra in cabina il primo ufficiale di riserva per scambiarsi con il comandante in modo che possa riposare.


Da questo momento le cose non andranno più come prima, non si capisce chi sia ai comandi dell’aereo e i due piloti non si comportano come se uno dei due sia il comandante e l’altro il copilota, manca un segno di gerarchia e ciò causa un problema poco dopo.

Incontrano infatti dei cristalli di ghiaccio in una nuvola e questi vanno a riempire i tubi di Pitot. Il pilota automatico si disinserisce e i piloti non sanno a che velocità stiano volando.


Gli allarmi di stallo cominciano a suonare quando il primo ufficiale inizia a sollevare il muso dell’aereo, incredibilmente nessuno dei due piloti si accorge di quale sia il problema, si accorgono solo di star perdendo velocità e quando il primo ufficiale di riserva lo fa notare al primo ufficiale, contrariamente a quanto dovrebbe fare egli tira indietro la cloche rallentando ancora di più l’aereo.


I piloti faticano a riprendere il controllo dell’aereo ma sembrano paralizzati dalla loro stessa confusione. A questo punto chiamano il comandante e intanto il primo ufficiale di riserva decide di prendere lui stesso i comandi, prova ad abbassare l’aereo ma Bonin sta ancora tirando la cloche. Il fatto che i due piloti stiano dando comandi opposti all’aereo è sorprendente, la comunicazione è quasi assente. Finché non arriva il comandante che cerca di capire cosa non stia funzionando, non ha tempo per valutare la situazione. Mentre stanno pregando di far risalire l’aereo Bonin dice “ci sto provando da prima” facendo capire perfettamente la situazione al comandante. Il primo ufficiale sta causando lo stallo bloccato dalla paura. Si attivano i segnali di prossimità del suolo e l’aereo, infine, si schianta a 200 km/h.


La causa dell’incidente è stata l’incapacità dei piloti di capire e risolvere i problemi. Facevano troppo affidamento sul pilota automatico ed erano troppo rilassati e abituati a guidare aerei che “si guidavano da soli”.


Le conseguenze

Oggi nuovi programmi di addestramento non permettono ai piloti di basarsi solo sul pilota automatico, è stato richiesto che le compagnie aeree aumentino le ore di addestramento sul volo manuale e sono state prese iniziative per l’addestramento psicologico dei piloti per dare loro le migliori possibilità di lavorare sotto pressione.


Speculazioni sull’incidente

Anni dopo la tragedia, Vanity Fair condusse un'inchiesta sulle circostanze che avevano portato all'incidente del volo Air France 447, mettendo in luce la condotta dei piloti. Il rapporto ufficiale del Bea rivelò che, al momento dell'incidente, i due piloti senior stavano dormendo, lasciando il controllo dell'aereo al giovane copilota Cèdric Bonin. Si scoprì che, per i piloti più esperti, era una prassi comune allontanarsi dalla cabina di pilotaggio per riposarsi. Tuttavia, emerse un altro dettaglio importante. Secondo quanto riportato da Vanity Fair, Dubois aveva passato la notte a Rio in compagnia dell'amante e di alcuni amici, dormendo solo un’ora prima del volo. A un collega, aveva confidato: "Ho dormito appena un'ora stanotte, non è sufficiente".

 

Si venne a sapere anche che il secondo pilota, David Robert, aveva scelto di sonnecchiare, lasciando Bonin completamente solo nel gestire i comandi proprio mentre l'aereo stava sorvolando la zona più critica dell'Atlantico.

 

"Con ancora gran parte del viaggio da percorrere, il comandante Dubois ha deciso che era il momento di riposarsi", spiegò Alain Bouillard, l’investigatore capo del Bea. "Se avesse aspettato solo 15 minuti in più per dormire, forse l’esito della vicenda sarebbe stato diverso". La tragedia del volo Air France 447 rimane il peggior disastro aereo nella storia della compagnia e il primo coinvolgimento di un Airbus A330.



A cura di

Daniele Bernocco



 

Bibliografia


 

 



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