Non tutti sanno che a distanza di soli 10 anni dal primo volo dei fratelli Wright, un noto industriale dell’epoca, il signor J. Schneider, appassionato pilota ed imprenditore, spinto dall’amore per l’innovazione e pel progresso, decise di indire una gara di velocità che portasse il suo nome. Era il 1913, e nasceva il Trofeo Schneider, gara di velocità per idrovolanti, che per questioni tecniche, per molti anni furono l’unica piattaforma aerea in grado soddisfare qualità velocistiche.
Ma in cosa ci riguarda il signor Jacques Schneider? Per saperlo dobbiamo fare un salto temporale in avanti di circa una ventina d’anni, quando il famoso Trofeo era ormai stato abolito e l’Italia registrava un primato mondiale di velocità che non è mai più stato battuto da allora, in quel 23 ottobre 1934 ormai quasi dimenticato da tutti. Il trofeo Schneider infatti fu la cornice per lo sviluppo di uno degli aeroplani più affascinanti mai costruiti: il Macchi Castoldi 72 altresì conosciuto come M.C. 72 che accompagnò il Maresciallo Francesco Agello, e dunque l’Italia, in questa impresa epica per i tempi ed ancora oggi piena di insidie.
Se nel 1913 la competizione era stata vinta da un francese su un monoplano Deperdussin con una velocità media di 73,56 km/h, nel 1930, il giovane ingegner Castoldi, aveva in programma per la squadra Italiana, la creazione di un idrocorsa dalle caratteristiche ben differenti da quelle abbastanza modeste dell’apparecchio francese. Tanto impegno di Castoldi, dei tecnici e degli equipaggi sarebbe servito a svolgere una missione molto importante, che era quella di strappare la vittoria definitiva ai Britannici che già per due edizioni consecutive avevano vinto e con la terza, nel settembre del ’31, si sarebbero potuti aggiudicare definitivamente il trofeo. Per riuscire nell’impresa fu prevista la creazione di un nuovo motore adattato unicamente alle esigenze della competizione, il nuovo ASSO 6 della FIAT Avio, nato dall’unione in tandem di due motori ASSO 5 da 12 cilindri a V ad ottenere una cilindrata totale di 50.256 cc e 3100 CV. I 24 pistoni erano pensati per muovere due alberi concentrici e controrotanti, allo scopo di mantenere un ingombro ridotto e ridurre la coppia, pur pagando in termini di complicazioni tecniche (seppur i componenti fossero circa gli stessi dei motori precedenti). Il solo propulsore aveva una massa di 900 kg e così la cellula fu ideata attorno ad esso. Il troncone centrale era costituito da una struttura reticolare ad alta resistenza, con il resto della fusoliera composta da gusci lignei, e l’ala era interamente metallica; fusoliera e semiali erano quasi completamente ricoperte da radiatori (escluse ad esempio superfici mobili), necessari a mantenere costanti i parametri vitali del poderoso ASSO 6. L’ala era simmetrica in pianta in quanto non si doveva contrastare la coppia, mentre il profilo era biconvesso simmetrico, con spessore massimo rispetto alla corda dell’11,6%. Nei galleggianti invece era immagazzinato il carburante in quantità pari a 450 kg (circa 600 l) e 38kg di olio, entrambi appena sufficienti allo svolgimento della gara. Nonostante la costruzione fosse abbastanza tradizionale e seguisse la linea degli idrocorsa del periodo (il Supermarine S.6B, avversario dell’M.C.72, era molto simile anche nelle linee), il Macchi Castoldi 72 rappresentava una sfida non solo tecnologica, ma anche ideologica, era infatti l’unica via per battere gli Inglesi più forti sia nell’industria che economicamente. Sfortunatamente, a causa di notevoli problemi al motore, il potente idrocorsa non fu mai pronto per l’evento del 12 settembre 1931, che vide gli Inglesi aggiudicarsi definitivamente il premio, volando a 547 km/h (e poi registrando il record alcuni giorni dopo con 655 km/h). Ci fu un colpo di scena quando finalmente e con non pochi sacrifici che costarono la vita anche a diversi piloti, nel’34, il Maresciallo Agello, sui cieli del Lago di Garda, fece cronometrare una velocità media di 709 km/h e passaggio più veloce di 711 km/h.
L’Italia, sconfitta nella Schneider, vinse in termini assoluti ed ancora oggi detiene il record (nell’ambito degli idrovolanti), ma il Macchi Castoldi 72, con la sua livrea rosso fiammante, è di importanza storica perché in quel 23 ottobre di 82 anni fa, segnò una tappa epocale, la velocità raggiungibile da un uomo era infatti passata da 73 km/h a 709 km/h in soli 21 anni!!
Alcuni dati interessanti…
La struttura dell’M.C.72 poteva sopportare (secondo le prove statiche) carichi fino a 22g ed un solo caso di flutter si verificò sul Macchi Castoldi durante un volo di prova, mentre nella contro parte Britannica, si dovettero applicare masse di bilanciamento a tutte le superfici mobili per evitare tale fenomeno.Per quanto riguarda l’aspetto propulsivo, il raffreddamento dei motori era ad acqua ed fu forse la prima volta che venne sperimentato il sistema di circolazione sotto pressione. A velocità di 700 km/h si eliminavano più di 600 calorie per metro quadrato di acqua al minuto, la cui quantità totale in circolazione era di 15kg. La circolazione dell’acqua avveniva mediante quattro pompe centrifughe attraverso le quali passavano 900 litri d’acqua al minuto, quindi ogni minuto la stessa acqua passava quasi otto volte nei radiatori.
L’acqua era sotto pressione, tenuta da speciali valvole comandate da una serie di capsule barometriche. Senza valvole, all’avvicinarsi della temperatura dell’acqua ai 90° le pompe si disinnescavano e cessavano di dare portata. Mettendo il circuito sotto pressione si impediva all’acqua di bollire e le pompe stavano in funzione anche a temperature superiori ai 100 C° e le valvole potevano essere tarate per temperature più alte.