#ThrowbackThursday – Blériot XI

Il Blériot XI fu un aereo pionieristico dell’aviazione Francese fautore di moltissimi primati che segnarono gli albori dell’aviazione.
Le imprese principali a bordo del monoplano furono tre: la traversata della Manica, la sorvolata delle alpi e la trasvolata italiana.

La Traversata della Manica
Nel 1909 l’aviazione era appena nata. L’uomo aveva imparato ad usare un nuovo elemento, per questo molti giovani di questo periodo erano impazienti di dimostrare la potenza di questa nuova attività tramite primati e imprese.

Il giornale Inglese Daily Mail approfittò di queste condizioni per consegnare un premio di 1000 sterline al primo uomo che avesse attraversato la Manica a bordo di un aereo.
Il primo ad accettare la sfida fu l’angloamericano Hubert Latham che decollò con un Antoinette IV il 19 luglio del 1909, tuttavia non fu lui ad aggiudicarsi il premio poiché pochi minuti dopo il decollo fu costretto ad un ammaraggio per piantata motore.
Il 25 luglio, Louis Blériot, approfittando di un cielo sereno, decollò dalla cittadina di Calais a bordo del monoplano da lui stesso costruito, il Blériot XI.
Dopo alcuni voli di ricognizione per verificare il corretto funzionamento del velivolo, fece prua verso l’Inghilterra.
L’aeroplano era sprovvisto di qualsiasi tipo di strumentazione, infatti il volo fu condotto completamente a vista, sorvolando a 100 metri dalla superficie del mare che fungeva come unico riferimento per il pilota.
Dopo 30 minuti sopra il mare, l’aereo finalmente giunse vicino le coste dell’isola Britannica entrando così nell’ultima fase di volo a cui seguiva l’atterraggio a Dover.
Il pilota spense il motore, come era prassi a quei tempi, e planò verso la pista effettuando un atterraggio violento che causò la distruzione sia del carrello che dell’elica.
L’impresa fu enorme per quei tempi poiché rappresentava la rapida crescita delle tecnologie aeronautiche, basta pensare che solo sei anni prima il biplano dei fratelli Wright aveva effettuato un volo massimo di soli 260 metri.

La sorvolata delle alpi
Nell’estate del 1910 il Touring Club Italiano con la collaborazione del Corriere della Sera propose la sfida internazionale denominata “Traversata delle Alpi” da Briga (Svizzera) a Milano per un premio di 100.000 Lire, valutabile in un milione e mezzo di Euro attuali.
Il percorso, prevedeva l’attraversamento del passo del Sempione, una breve tappa per il rifornimento a Domodossola e un tragitto finale che si concludeva con l’atterraggio a Milano.
Il primo a iscriversi all’impresa fu Geo Chávez, un ingegnere-aviatore nato a Parigi da genitori di origine Peruviane emigrati in Francia a causa del conflitto tra il loro paese natio e il Cile.
Il suo monoplano era un Blériot XI-2 denominato “Gipeto” dal nome di un rapace. Il modello identificato come 2, era una variante potenziata di quello che un anno prima aveva attraversato la Manica.
Era un gioiello della tecnologia aeronautica di allora, completamente in legno con un’apertura alare di 7 metri. Le ali erano fatte di tela gommata, sostenute da due longheroni a sezione rettangolare in frassino e da centine in pioppo. La fusoliera era formata da un’unica trave portante di legno a traliccio, senza teli o altro ai lati.
Il posto del pilota era aperto, privo di cabina e protezioni, lasciando quest’ultimo in totale balia delle correnti d’aria, del freddo e delle intemperie. Il sedile era in legno e privo di cinture di sicurezza. Il motore era uno Gnome Omega di 50 hp radiale rotativo a 7 cilindri, che permetteva al velivolo di raggiungere un massimo di 90 km/h.
Una volta terminata l’iscrizione i quattro piloti partecipanti, tra cui Chávez, si misero a studiare il percorso aspettando le condizioni meteo più opportune.
Domenica 18 settembre 1910 era una bella giornata, tuttavia successe qualcosa che non era stato previsto dagli organizzatori della gara: il Governo Cantonale del Vallese, emanò un decreto che stabiliva la proibizione di realizzare voli, prima delle ore 16:00, sostenendo il rispetto assoluto del riposo domenicale e della santificazione del giorno di penitenza. La mancata gara aerea, dette vita a proteste non solo a Briga e a Domodossola ma anche su tutto il percorso, dove si erano già assiepate migliaia di persone.
Le proteste, non fecero smuovere le autorità cantonali che collocarono gruppi di guardie davanti ai capannoni del campo volo di Briga, al fine di impedire l’uscita degli aeroplani per il decollo.
L’indomani ci fu un primo tentativo: tuttavia dopo il decollo, Geo riscontrò forti raffiche in quota e per questo motivo fu costretto a rimandare l’impresa ad un altro giorno.
Venerdì 23, pur con condizioni meteo non ottime, Chávez decise di tentare nuovamente, ordinò ai meccanici di accendere il motore e decollò.
Quattordici minuti dopo la partenza, l’aereo scomparve dietro le cime delle montagne e quattro minuti più tardi, alle 13.47, Chávez fu il primo uomo a oltrepassare le Alpi su un mezzo più pesante dell’aria. Superò il Passo del Sempione dove erano presenti ingenti turbolenze, mettendo così a dura prova la struttura del velivolo che continuò a reggere.
Alle 14.11, l’aereo di Chávez, fu finalmente visibile dal campo di atterraggio di Domodossola dove c’era una grande folla che lo acclamava.
Improvvisamente però, nell’istante in cui il velivolo si trovava sull’ampia superficie del campo di atterraggio a circa 15 metri d’altezza, dal Blériot si udì un crack netto e distinto. Le ali si staccarono e si piegarono all’indietro. Il monoplano si avvitò su se stesso schiantandosi al suolo pochi secondi dopo.
Il pilota fu portato immediatamente all’ospedale di Domodossola dove si spense il 27 settembre all’età di 23 anni lasciando le sue ultime parole: “Arriba, siempre arriba” (In alto, sempre più in alto) diventato in seguito il motto dell’aeronautica Peruviana.
La morte di Geo sconvolse il mondo intero a tal punto che gli furono conferite diverse medaglie al valore e Pascoli gli dedicò una poesia “Chávez”, elogiando così un giovane aviatore che non poté godere della sua impresa.

La trasvolata dell’Italia
Nel 1913 il tenente barese Cesare Suglia effettuò la tratta Torino-Bari a bordo di un Blériot XI costruito su licenza dalla Società Italiana Transaera (S.I.T).
La rotta prevedeva tre tappe in modo da consentire al pilota di riposare e fare rifornimento.
Il tenente partì dal campo d’aviazione di Mirafiori alle ore 5,20 del 2 agosto 1913 e, dopo una breve sosta a Pisa, risalì sull’aereo facendo prua verso Sud.
Alle 12,34 dopo ben 6 ore e 35 minuti di volo, Suglia giunge a Centocelle, dove fu obbligato a sostare per un giorno intero a causa di condizioni meteorologiche avverse.
Appena il meteo lo permise, decollò raggiungendo Napoli alle 8,30, la sua ultima tappa.
Il 5 agosto affrontò il volo che l’avrebbe portato a Bari, la sua città natale, dove fin dalle 8,00 del mattino lo attendeva una folla entusiasta e curiosa.
Una volta giunto a destinazione, Suglia preferì non atterrare subito, infatti scelse di volare sopra la casa dove era cresciuto, la sua vecchia scuola ed il posto dove incontrò per la prima volta la sua ragazza.
Quando il velivolo apparve sul campo, il tenente volle sbalordire la folla immensa con varie evoluzioni, infatti nessuno aveva mai visto un aereo prima di allora ed erano tutti stupefatti e terrorizzati allo stesso tempo.
Nel momento di atterrare, poiché gli astanti sbalorditi non sgombravano la pista, dovette evitare di investire un branco di pecore facendo derapare il velivolo, il quale riportò solo alcuni danni ad una ruota. Suglia, illeso, fu trascinato fuori dall’aereo e coronato artefice del più lungo volo militare mai effettuato fino a quel momento.
A causa di questo evento il capoluogo pugliese fu la terza città d’Italia, e tra le prime d’Europa, ad essere sorvolata da un aereo.

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