La completa esplorazione del sistema solare è un chiaro e definito obiettivo delle agenzie spaziali di tutto il mondo; molto può essere compreso sul futuro del nostro amato pianeta blu osservando ambienti simili a esso. Esempio lampante è il caldo pianeta Venere, di cui a primo impatto tutto si direbbe tranne che sia simile alla Terra. Eppure, i due pianeti sono spesso considerati gemelli in quanto possiedono simili caratteristiche in termini di massa e dimensioni, nonostante abbiano subito due processi evolutivi completamente diversi. Il programma di missioni denominato “Cosmic Vision” punta a risolvere alcuni grandi enigmi, due dei quali riguardano l’abiogenesi (ovvero la generazione della vita su un pianeta) e il funzionamento del sistema solare. Fa parte di questo programma “EnVision“, un satellite il cui lancio è programmato per fine 2032 sfruttando il lanciatore Ariane 62 che presto dovrebbe effettuare la prima campagna di test.
EnVision è stata selezionata, tra altre due proposte di missione, in seguito a uno studio preliminare, chiamato “fase 0”, condotto dalla Concurrent Design Facility (CDF) dell’agenzia spaziale europea (ESA). La tecnica del Concurrent Engineering, sviluppata dall’italiano Massimo Bandecchi all’ESA, permette di svolgere con efficienza e rapidità gli studi relativi alla fattibilità delle missioni spaziali. Il metodo richiede infatti che gli specialisti di ogni parte del satellite lavorino contemporaneamente allo stesso progetto in modo da ridurre i tempi dovuti alle modifiche, implementandole direttamente qualora due o più sottosistemi si trovassero in situazioni di interferenza. Proprio grazie a questa elevata coordinazione tra gli ingegneri coinvolti nel progetto si è resa possibile la selezione in soli quattro mesi.
Il progetto di ricerca è incentrato sulla determinazione dell’attività geologica di Venere e della sua relazione con le condizioni atmosferiche. Per raggiungere il pianeta, durante lo studio di missione, alla CDF è stato necessario effettuare un trade-off su varie strategie. In seguito alla fase di lancio, effettuata con Ariane 62, il satellite arriverà ad un’orbita di tipo HEO (High Earth Orbit) per poi gestire due manovre di fuga dalla Terra; il trasferimento diretto è stato scartato poiché non sarebbero stati rispettati i requisiti relativi alla massa trasportabile dal lanciatore. Dopo le manovre di fuga verrà condotto un trasferimento interplanetario di 134 giorni fino all’inserimento nell’orbita di Venere, il cui termine è stimato per il 7 maggio 2033. Lentamente, per 25 mesi, verrà poi utilizzata una manovra di freno aerodinamico sfruttando l’atmosfera del pianeta, in modo da raggiungere l’orbita dove verranno condotti gli esperimenti. Il satellite rimarrà quindi operativo per 2 anni e mezzo, pari a 4 rotazioni di Venere. Nel caso per vari motivi non fosse possibile lanciare a dicembre 2032, sarà possibile riprovare a maggio 2033 grazie alla posizione vantaggiosa tra i due pianeti. La CDF ha svolto un’analisi di fattibilità, terminata negativamente, anche sull’utilizzo di propulsori elettrici per il raggiungimento dell’orbita di Venere. Il concetto di missione prevedeva di effettuare un trasferimento di 28 mesi in orbita solare, rimanere per circa due anni attorno alla stella per poi giungere all’orbita venusiana dove sarebbero state svolte le operazioni scientifiche per due anni e mezzo. La fase 0 non è giunta però a buon fine: la missione così pensata non è tecnicamente fattibile, seppur di poco.
Passando poi all’analisi delle operazioni, la missione venusiana è composta da cinque importanti strumenti scientifici (payload), principalmente camere e altimetri, e punta a rispondere a quattro domande guida:
- Venere è geologicamente attivo? Essendo simile alla Terra in termini di dimensioni e massa, l’aspettativa è quella di trovare attività vulcanica e tettonica. Il satellite VenusExpress, che gioca il ruolo di predecessore di EnVision, aveva già permesso di confermare questa ipotesi; EnVision vuole estendere questa ricerca utilizzando dei payload che conducano analisi termiche, studi sui gas vulcanici (solfati e anidridi) e osservazione di cambiamenti atmosferici su larga scala, così da generare una stima dell’attività vulcanica/tettonica presente sul pianeta.
- Come si è evoluto il pianeta nel tempo? La scala temporale venusiana può essere ricostruita studiando i crateri presenti sul pianeta, ricerca che può essere effettuata da payload specializzati per l’osservazione su larga scala (nell’ordine dei centinaia di chilometri). Altri indizi possono giungere, come già citato, dall’attività vulcanica e tettonica, in quanto questi due processi mostrano come nel tempo l’interno del pianeta abbia scambiato calore con l’atmosfera. EnVision cercherà di studiare anche i fenomeni eolici e di erosione in atmosfera utilizzando un payload per osservazione su piccola scala (nell’ordine delle centinaia di metri), valutando come la meteorologia sia influente su un corpo celeste ad atmosfera densa.
- Come sono correlati l’atmosfera e la geologia di Venere? La natura dell’atmosfera densa di Venere è data dalla massiccia presenza di CO2, tesi confermata da VenusExpress. Si vuole ora dimostrare che le emissioni vulcaniche del pianeta contribuiscono al rilascio di queste anidridi, le quali per effetto serra aumentano la densità dei gas atmosferici. EnVision studierà le caratteristiche e la variabilità delle emissioni utilizzando una camera progettata in base alle precedenti missioni.
- Come si muove Venere? Ultimo obiettivo di EnVision, non per importanza, sarà la determinazione dei parametri planetari di Venere. Per studiare la struttura interna del pianeta è necessario valutare la sua rotazione e come il giorno venusiano cambi durante gli anni; si è infatti osservato che in 40 anni la durata di un giorno su Venere non è costante ma subisce una variazione di circa 7 minuti. Da questo dato sarà possibile valutare l’inerzia del pianeta, la resistenza atmosferica su di esso e altri fenomeni di disturbo. Il ruolo di EnVision sarà quindi lo studio approfondito dei parametri di massa del pianeta e della composizione e viscosità del mantello venusiano.
CREDIT: European Space Agency / Paris Observatory / VR2Planets / Damia Bouic
La missione è molto ambiziosa, tuttavia la collaborazione di ESA con NASA permette ottime aspettative in termini di budget, tempistiche e qualità. I risultati di questi studi potrebbero portare a ottimi sviluppi per la planetologia, branca fondamentale per sapere cosa accadrà al nostro pianeta negli anni avvenire. I gas serra hanno un grande impatto sul riscaldamento globale, e di conseguenza sul cambiamento climatico e sulla sua evoluzione; quello che su Venere è accaduto per motivi naturali potrebbe essere lentamente riprodotto sulla Terra dalle emissioni artificiali. Essendo i computer moderni ancora non in grado di simulare fenomeni atmosferici su larga scala, occorrerà ancora per molto affidarsi a questo tipo di missioni e a semplici ipotesi per poter immaginare il futuro del nostro pianeta blu.
A cura di
Luca Niero
Fonti articolo e immagini:
ESA Science & Technology – EnVision Phase 0 CDF study – internal final presentation