L’immagine di un astronauta che indossa la propria ingombrante tuta suscita un grande fascino in chi la osserva: non è possibile associargli un volto o una personalità, la scena è in tal senso fortemente impersonale, mentre il casco a specchio che lo cela alla nostra vista ci rende partecipi di ciò che egli sta guardando. In un tempo in cui sempre più astronauti sono delle celebrità riconosciute in tutto il mondo, quelle tute sono un ricordo che là fuori, invece, siamo tutti uguali, e ci ricordano la nostra fragilità di fronte a un ambiente, quello spaziale, che è tutt’altro che accogliente.
La tuta spaziale è la navetta privata che ci protegge dal cosmo, ed è in corso una piccola rivoluzione nel modo che abbiamo di idearla e produrla, in cui l’Italia sta avendo un ruolo di prim’ordine.
Nel corso dell’International Astronautical Congress (IAC) di Milano, svoltosi lo scorso ottobre, Axiom Space, in collaborazione con Prada, ha svelato al mondo la versione finale della tuta che verrà indossata dagli astronauti della missione Artemis III, in programma – al momento – nel 2026.
Il suo nome è Axiom Extravehicular Mobility Unit (AxEMU) e sta ridefinendo il modo con cui si concepiscono le tute spaziali per uso in ambienti esterni. Ma da dove nasce la necessità di realizzare nuove tute?
Per tanti anni gli astronauti occidentali impiegati nelle attività extra-veicolari (in gergo EVA) hanno utilizzato un modello di tuta chiamato EMU (Extravehicular Mobility Unit), introdotto nel 1981 per le missioni dello Space Shuttle e aggiornato nel 1998 per l’uso nella ISS. Nonostante la sua affidabilità e i tanti anni di onorato servizio, è nata progressivamente nel tempo la necessità di inaugurare un nuovo capitolo di questa tecnologia, soprattutto in vista delle missioni Artemis.
Arriva in questo contesto l’annuncio nel 2019 da parte della NASA dello sviluppo di una nuova generazione di tute, la prima a essere sviluppata per missioni su altri mondi dagli anni 70’, quando l’uomo fece la sua ultima comparsa sul suolo lunare. Benché l’intenzione fosse quella di progettare la nuova tuta internamente, l’agenzia spaziale più nota del mondo si è rapidamente resa conto dello sforzo che ciò avrebbe comportato e dei possibili ritardi che avrebbe causato nello sviluppo della missione; nel 2022 arriva così un bando nel quale due compagnie private (Axiom Space e Collins Aerospace) si impegnano a fornire alla NASA le tute per tutte le missioni da oggi almeno fino al 2034. Questo passo è storico: nonostante sia la NASA a definire i requisiti tecnici e di sicurezza, la produzione e la certificazione delle tute sarà per la prima volta affidata a compagnie private. Il primo ordine è presto arrivato, e ha portato 228 milioni di dollari ad Axiom per la consegna delle tute destinate ad Artemis III.
Ma da dove viene la collaborazione con Prada? Benché a un primo impatto possa sembrare una furba mossa pubblicitaria, la cooperazione tra le due aziende ha avuto anche un lato tecnico. La conoscenza delle materie prime e delle tecniche di produzione di un colosso dell’abbigliamento ha sicuramente rappresentato un beneficio per il processo di design nel suo insieme. Il tutto rientra poi in un contesto in cui l’economia legata allo spazio attira l’interesse di aziende il cui focus è stato fino a oggi diretto da tutt’altra parte. A questo quadro si aggiunge poi il contributo del personale medico che ha lavorato sui requisiti fisiologici degli astronauti, rendendo lo sviluppo di AxEMU un lavoro interdisciplinare innovativo e di grande interesse.
Il primo prototipo di AxEMU è arrivato nel 2023: questa prima versione era dotata di uno strato esterno nero, che aveva l’obiettivo di nascondere le feature della tuta in via di sviluppo. La versione finale presentata a Milano è invece prevalentemente bianca, in linea con le tute che siamo abituati a vedere. La motivazione non è puramente estetica: un rivestimento bianco riflette meglio la luce solare e impedisce un accumulo potenzialmente fatale di calore all’interno dell’indumento.
La parte superiore della tuta, che copre il corpo dalla vita in su, è dotata di una visiera e una sorta di zaino detto Portable Life Support System (PLSS), che funge da riserva di energia e di aria respirabile. Gli astronauti potranno riconoscersi tra loro attraverso strisce colorate appositamente posizionate sulla tuta. Tra i sistemi di bordo si possono contare un sistema diagnostico, uno di rimozione dell’anidride carbonica e vari metodi di rimozione del calore interno in eccesso e dell’umidità. Anche i guanti sono stati ottimizzati per l’uso di appositi strumenti progettati da Axiom stessa che permetteranno agli astronauti di svolgere le più disparate mansioni.
Cosa differenzia le nuove tute da quelle finora impiegate?
Per prima cosa, il movimento che esse concedono. Le tute EMU, usate nelle passeggiate spaziali al di fuori dello Shuttle e della ISS, sono state progettate pensando al fatto che gli astronauti che le avrebbero indossate si sarebbero mossi aggrappandosi con le mani a oggetti posti sulle pareti esterne della stazione e tirandosi in avanti. Nel momento in cui si progetta una tuta per l’esplorazione della Luna, bisogna considerare che gli astronauti dovranno essere in grado di camminare. In tal senso, verrà garantita una estesa mobilità grazie a speciali giunzioni, dando agli astronauti la possibilità di orientarsi sul suolo lunare in modo molto più efficiente degli astronauti delle missioni Apollo, i quali potevano al massimo saltellare in modo piuttosto goffo (alcuni video lo testimoniano).
Altro capitolo protagonista di grandi innovazioni è quello delle comunicazioni: le tute AxEMU saranno collegate a un esteso network 4G/LTE sviluppato da Nokia, grazie al quale gli astronauti impiegati in attività sul suolo lunare potranno condividere video, comunicazioni vocali e telemetrie in tempo reale ai controllori sulla Terra che coordineranno le loro attività.
I test sulle tute sono stati effettuati in camere a vuoto che simulano non solo l’assenza di atmosfera, ma anche le bassissime temperature esterne. Infatti, il luogo di esplorazione di Artemis III sarà posizionato nei pressi del polo Sud lunare, dove le temperature sono molto più basse di quelle che incontrarono Neil Armstrong e colleghi. Axiom garantisce che la tuta sarà in grado di operare per un massimo di otto ore consecutive, due delle quali nelle condizioni tipiche delle regioni lunari situate permanentemente all’ombra. In aggiunta a questo, la tuta sarà resistente all’azione abrasiva della regolite lunare, che non deve in alcun modo penetrare all’interno o danneggiare le superfici esterne e le apparecchiature.
Uno dei fattori che ha portato alle maggiori critiche nei confronti del vecchio design è la scarsa inclusività che consente: le tute EMU sono state progettate pensando a soli astronauti uomini, e anche per questo motivo a oggi sono pochissime le donne che hanno potuto effettuare passeggiate spaziali. Infatti, ciò è stato possibile solo prendendo pezzi di diverse tute e combinandoli cercando di adattarli alla corporatura di chi le indossava: inutile dire che in un contesto in cui la diversità delle persone che vanno in orbità è notevolmente maggiore rispetto agli anni 70’, questo aspetto diventa di importanza fondamentale, e Axiom si è impegnata per assicurare che le nuove tute siano adattabili a tutti i futuri astronauti che le dovranno indossare.
Nel complesso, AxEMU promette un design più flessibile e modulare del passato, ottenuto anche grazie al riscontro fornito nel corso del tempo dagli astronauti e dalle loro esperienze nel campo delle attività extra-veicolari. L’idea è che queste tutenon devono sembrare delle navette spaziali miniaturizzare come accadeva prima, ma si devono adattare al corpo di chi le indossa come se fossero un equipaggiamento sportivo ad altissime prestazioni, badando allo stesso tempo alla sicurezza dell’occupante. Per esempio, la protezione da eventuali guasti o rotture è assicurata da un certo grado di ridondanza dei componenti, che permettono all’astronauta di tornare alla base prima che l’integrità della tuta sia irrimediabilmente compromessa. La miniaturizzazione dei componenti elettronici ha sicuramente svolto un ruolo benefico in tal senso.
Quali altri passaggi mancano al definitivo uso della tuta AxEMU? Come ogni oggetto in uso nello spazio, il ciclo di vita di questo equipaggiamento è scandito da una serie di fasi di progetto e certificazione di importanza crescente. Attualmente, è stata completata la fase di certificazione preliminare, mentre nel corso del 2025 una serie di test porteranno alla cosiddetta Critical Design Review. Tra di essi, si avranno prove di utilizzo all’interno delle vasche del Neutral Buoyancy Laboratory (NBL) della NASA e test di compatibilità con il rover lunare che verrà usato per le lunghe distanze, oltre a prove nello spazio stesso (presumibilmente nella ISS). Infine, va detto che l’architettura di base della tuta è scalabile e modificabile per adattarla ad altri usi, comprese le future missioni nell’orbita bassa terrestre.
Il bilancio di questo progetto è in conclusione promettente, e mostra l’utilità delle collaborazioni tra attori apparentemente molto distanti negli intenti che uniscono i propri sforzi. Tra non molto tempo riusciremo a vedere queste nuove tute all’opera, e contribuiranno nel tempo a plasmare l’immagine mentale che tutti noi associamo agli astronauti, quell’immagine che ormai da decenni fa scaturire in milioni di persone la speranza, seppur remota, di essere partecipi in qualche modo delle loro avventure.
A CURA DI
Mattia Mocci
Fonti
https://www.axiomspace.com/axiom-suit
https://www.pradagroup.com/content/dam/pradagroup/documents/2024/Ottobre/Inglese/Axiom_Space_Prada_Press_Release_ENG.pdf
http://www.collectspace.com/news/news-101624a-axemu-lunar-spacesuit-axiom-space-pradareveal.html
https://www.space.com/nasa-selects-companies-build-spacesuits-moon-space-station
https://web.archive.org/web/20191019231635/https://www.nasa.gov/feature/a-next-generationspacesuit-for-the-artemis-generation-of-astronauts