Nell’ultimo periodo, gli occhi di tutti gli appassionati di aerospazio sono puntati sulle future missioni Artemis della NASA, volte a riportare l’uomo sulla luna. Sicuramente il fatto che l’uomo metterà di nuovo piede sul nostro satellite dopo tanti anni è di indubbio fascino, tuttavia non è da sottovalutare il lavoro svolto anche dalle altre nazioni nell’ambito dell’esplorazione lunare. Tra tutte spicca la Cina, che ha lavorato molto e speso molte risorse per sviluppare un proprio programma lunare. Chang’e 5 rappresenta proprio il culmine di questo lavoro svolto. Andiamo quindi a scoprire in questo articolo i dettagli sulla missione.
La missione è partita con successo il 23 novembre (poco dopo le 21:30 ora italiana) ed è rientrata sulla Terra il 16 dicembre alle 19,00 circa ora italiana.
Pechino ha programmato un piano pluridecennale articolato in diverse fasi, volto ad avvicinare la Cina all’impresa di raggiungere la Luna e Chang’e 5 rappresenta proprio uno di questi passi. Con le missioni Chang’e 1 (2007) e Chang’e 2 (2010) si è conclusa la prima fase, il cui obiettivo era raggiungere con successo l’orbita lunare. La seconda fase (missione Chang’e 3 del 2013) ha permesso il raggiungimento della superficie con un lander e un piccolo rover. La missione Chang’e 4 (2018) è stata molto importante per il fatto che per la prima volta è stato fatto allunare un lander con rover sulla faccia nascosta della luna.
Lo scopo della missione Chang’e 5 è invece quello di raccogliere campioni di suolo lunare (tra cui regolite) e riportarli sulla Terra. Una precedente missione (Chang’e 5 T-1 del 2014) è stata propedeutica per testare diverse manovre per il rendez-vous in orbita lunare e per sperimentare la capsula che contiene i campioni. I campioni che verranno portati sulla Terra sono relativamente “giovani” rispetto a quelli riportati dalle precedenti missioni Apollo. Infatti si parla di un’età dei campioni di circa 1.2 miliardi di anni, mentre gli altri in nostro possesso sono in un range che varia da 3.1 e 4.4 miliardi di anni. Questo sarà importante per gli scienziati per capire l’evoluzione del sistema Terra – Luna. Alcune analisi da compiere non sono infatti possibili nello spazio data l’impossibilità di rimpicciolire alcuni strumenti di laboratorio e la quantità elevata di energia richiesta. Un altro fattore importante è la zona di allunaggio della missione, che non è stata mai esplorata (Mons Rumker, nella regione Oceanus Procellarum).
Chang’e 5 si compone di quattro diversi elementi : un modulo di servizio, una capsula per il rientro dei campioni, il lander e un veicolo di ascesa il cui scopo è portare i campioni dalla superficie agli elementi rimasti in orbita. La massa totale sarà di 8200 kg spingendo quasi al limite le prestazioni del vettore sul quale è stata lanciata : il Lunga Marcia 5.
Il compito del modulo di servizio (orbiter) è quello di manovrare tutte le componenti della missione tramite il proprio sistema di propulsione con propellenti ipergolici. Il modulo ha atteso il docking con la capsula contenente i campioni. Una volta messi in sicurezza i campioni, fornisce la spinta necessaria per dirigersi verso la Terra. Viene inoltre utilizzato come ponte per le comunicazioni della missione.
La capsula di rientro è dotata di uno scudo termico rinforzato, in quanto la velocità di rientro raggiungerà gli 11 km/s. La capsula impiega un sistema di motori direzionali da impiegare prima del rientro atmosferico per aggiustare la traiettoria di rientro. Nelle ultime fasi di atterraggio vengono dispiegati dei paracaduti senza più alcun intervento propulsivo. Il rientro in atmosfera per la missione è molto particolare : la capsula prima di entrare in atmosfera eseguirà infatti un rimbalzo sulla stessa. Questo permetterà di rallentare leggermente la velocità prima di eseguire l’entrata vera e propria.
Il lander di Chang’e 5 adopera lo stesso design di Chang’e 3 con l’eccezione della parte superiore in cui viene ospitato il veicolo di ascesa. Dispone di due pannelli solari, di un motore principale da 7.5 kN e di altri 28 per il controllo dell’assetto che variano da 10 a 150 N. Una delle sue caratteristiche fondamentali è il sistema di atterraggio autonomo, che si avvale di diversi laser e sistemi ottici per ricreare una mappa tridimensionale della zona di allunaggio. Ottenuta questa mappa il computer può decidere in autonomia la zona migliore. Il lander possiede anche un braccio robotico provvisto di trivella, che può scavare fino a due metri nella superficie lunare per la raccolta dei campioni.
L’ultimo pezzo è costituito dal veicolo di ascesa, che trasporta i campioni dalla superficie fino al rendez-vous con la capsula. L’operazione di docking rappresenta un record, in quanto primo docking automatico eseguito in orbita lunare. Tale veicolo impiega lo stesso motore principale del lander, al fine di semplificare gli elementi della missione. Il veicolo di ascesa è dotato anche di due pannelli solari dispiegabili.
Questa missione rappresenta un passo importante per la Cina, sia per i risultati scientifici che sarà possibile ottenere dai campioni, che per l’utilizzo (avvenuto con successo) del lanciatore Lunga Marcia 5 che è uscito di recente da un processo di pesante riprogettazione. Poco prima della ripartenza inoltre il lander ha innalzato una bandiera della Repubblica Popolare Cinese. Questa è stata dichiarata come la prima bandiera (della Cina) ad essere innalzata sulla superficie del nostro satellite e rappresenta un forte segnale simbolico.
Essendo l’ultimo articolo del 2020, AESA Spazio e AeroAESA vi augurano buone feste e buone vacanze! Ci vediamo nel 2021 con nuovi articoli sui nostri argomenti preferiti!