Dopo giorni, talvolta mesi, passati nello spazio giunge il momento di tornare a Terra. La procedura di rientro degli astronauti è una fase estremamente delicata e pericolosa, andiamo quindi a vedere come avviene esattamente questo momento emozionante. Potremmo dividere la procedura in varie fasi, distinte come segue.
Distacco della capsula dalla stazione spaziale
Le procedure iniziano tempo prima. Sia gli astronauti che i controllori a Terra leggono più volte le procedure da seguire, in modo da non dimenticare nessun passaggio. Oltre al controllo automatico per il distacco, c’è anche un sistema manuale per gli astronauti da azionare in caso di emergenza. Una volta recuperati gli oggetti da portare con se comincia l’undocking, ovvero il distacco dalla stazione spaziale della Soyuz, la navicella a bordo della quale viaggiano gli astronauti.
Soyuz entra in orbita
Viene quindi chiuso il portellone che collega la stazione al modulo orbitale. Gli astronauti indossano le tute e passano nel modulo di discesa. Tutto è pronto per il distacco! Vengono aperti i ganci di attracco e dopo qualche minuto la stazione e il modulo non sono più fisicamente collegati. Entra quindi in azione un set di molle che allontana lentamente la Soyuz dalla stazione alla velocità di 12-15 cm al secondo. Dopo 3 minuti la Soyuz accende i motori. L’equipaggio si prepara a questo punto alla fase di “de-orbit burn” che consiste nel rallentamento della capsula per cambiare la traiettoria e farla rientrare nell’atmosfera terrestre. La navicella viaggia a circa 30000 km/h e viene rallentata sia dall’atmosfera che dal motore principale, che spinge in direzione contraria rispetto al senso di marcia. In questa fase del viaggio la Soyuz attraversa gli strati più densi dell’atmosfera. Mancano 55 minuti all’atterraggio.
Distruzione di 2 parti della capsula
A 30 min dall’atterraggio, a un’altitudine di 140 km, la navicella si separa in 3 parti: il modulo orbitale, il modulo di rientro e il comparto strumenti. Rientra sulla Terra solo il modulo che trasporta gli astronauti, mentre gli altri 2 si disintegrano disperdendosi nell’atmosfera. Il modulo di rientro raggiunge temperature molto elevate e per questo è protetto da uno scudo termico. La capsula entra quindi nel plasma, la parte più densa dell’atmosfera. Questa è la fase più difficile di tutta l’operazione.
Il ritorno in gravità
A questo punto gli astronauti iniziano a sentire la forza di gravità. Il modulo ruota su se stesso nei 2 sensi, per cambiare il suo assetto e mantenere la traiettoria giusta.
Si apre il paracadute
Quando la capsula raggiunge la quota di 10,5 km, la sua velocità si è ridotta a 800 km/h. A questo punto entra in gioco il grande paracadute, per rallentare ancora di più la capsula. In questa fase gli astronauti riescono a sentire il vento terrestre, che a questa altezza è sempre presente.
La capsula si avvicina al suolo e rallenta
A 8,5 km di altezza da Terra la navicella viaggia a 22 km/h e la capsula inizia a dissipare il calore accumulato durante il tragitto. All’altitudine di 5,5 km lo scudo termico viene espulso insieme al carburante e all’ossigeno in eccesso, per evitare il rischio di esplosione al momento dell’impatto col suolo e la capsula assume la posizione migliore per atterrare. La squadra di recupero individua il punto esatto in cui la capsula atterrerà. I razzi, posizionati dietro lo scudo termico ormai espulso, entrano in azione per ridurre ulteriormente la velocità a 5,5 km/h.
L’atterraggio
La Soyuz a questo punto tocca Terra, con un atterraggio “morbido”. L’atterraggio è così descritto dall’astronauta italiano Paolo Nespoli : “L’atterraggio morbido non è poi cosi morbido. Ci si prepara raccogliendo le braccia sul corpo senza toccare parti metalliche. Stringendo i libri. Non parli per non mettere la lingua in mezzo ai denti e sei li, provando a stare seduto nel miglior modo possibile ed aspetti questo “atterraggio morbido” che a me è parso simile ad una collisione frontale tra un camion ed una piccola auto. Ovviamente io ero nella piccola auto”. Il paracadute deve essere espulso, per evitare che i venti trascinino via la capsula. Gli astronauti, non ancora in grado di camminare, vengono tirati fuori e trasportati dalla squadra di recupero. Dopo di che avranno bisogno di riabilitazione e controlli medici per recuperare a pieno la capacità di muoversi in presenza della gravità terrestre.
Qualche giorno fa è avvenuto il primo rientro di astronauti dalla stazione spaziale dopo che l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia globale. Questa situazione ha richiesto ulteriori accorgimenti. Le squadre incaricate per il recupero hanno dovuto sottoporsi a test per il Covid-19 e indossavano indumenti protettivi e mascherine, mantenendo le opportune distanze di sicurezza.
Ed ecco quindi che gli astronauti sono di nuovo al sicuro a casa, ma come dichiarato da Luca Parmitano dopo la sua ultima missione, “Il rientro è il primo passo della prossima avventura!”.