È il 24 Aprile 1990. Al Kennedy Space Center in Florida, cinque astronauti sono pronti a partire a bordo dello Space Shuttle Discovery con una missione, quella di portare l’Hubble Space Telescope (HST) in orbita.
Concepito già negli anni ‘40 e inizialmente chiamato Large Space Telescope (LST), fu rinominato nel 1983 in onore dell’astronomo Edwin Hubble, il primo a provare l’esistenza di altre galassie nell’universo oltre alla Via Lattea, dimostrandone la velocità di allontanamento proporzionale alla loro distanza. l’HST è il primo telescopio progettato per operare fuori dalla distorsione dell’atmosfera terrestre, a circa 547 km di altitudine, così da ottenere immagini ad un’altissima risoluzione dai pianeti del nostro Sistema Solare fino a panorami cosmici distanti 13.4 miliardi di anni luce dalla Terra.
Decenni di studi e ricerca e la collaborazione di NASA e ESA sono stati necessari per la realizzazione di questo gioiello tecnologico, in grado di registrare immagini nello spettro della luce ultravioletta, visibile e infrarossa, con una serie di sofisticati strumenti a bordo, come la Wide Field and Planetary Camera (WF/PC), il Goddard High Resolution Spectrograph (GHRS), l’High Speed Photometer (HSP), la Faint Object Camera (FOC) e il Faint Object Spectrograph (FOS), i cui dati sono raccolti, processati e archiviati allo Space Telescope Science Institute a Baltimora, nel Maryland. Alcuni di questi strumenti sono stati sostituiti e aggiornati nel corso degli anni: costruito per durarne 15, Hubble era infatti progettato per poter essere riparato in orbita direttamente dagli astronauti!
Il giorno seguente al lancio, dopo aver risolto alcuni problemi con le procedure di estensione dei pannelli solari, il telescopio, alto 13.2 m, con un diametro massimo di 4.2 m e un peso di 10800 kg, fu posizionato con successo in orbita da un braccio meccanico controllato dai membri dell’equipaggio del Discovery. Ma quando dopo alcune settimane Hubble iniziò ad inviare i dati ottenuti, gli scienziati si accorsero di un serio problema nel sistema ottico: lo specchio primario era infatti troppo piatto, anche se solo di 2 micrometri sui 2.4 m di diametro, e ciò non permetteva di focalizzare al meglio le immagini.
Il difetto fu risolto durante la prima missione di servizio (SM1), nel dicembre del 1993, dai 7 astronauti a bordo dell’Endeavour, grazie al COSTAR (Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement), progettato per correggere l’aberrazione sferica similmente a come le lenti degli occhiali farebbero per una persona miope. Durante la stessa missione fu anche sostituita la WF/PC con la WFPC2 (Wide Field and Planetary Camera 2), che aveva un sistema correttivo preintegrato.
Seguirono altre quattro missioni di servizio nel corso dei successivi anni fino al 2009, durante i quali l’HST continuava a fare scoperte destinate a cambiare profondamente la nostra conoscenza dell’universo, riguardanti la formazione delle stelle, la presenza di buchi neri all’interno di grandi galassie, la prima immagine in assoluto di un esopianeta in luce visibile, ma anche sui pianeti, asteroidi e comete del nostro Sistema Solare.
La seconda missione (SM2), nel febbraio del 1997, portò a bordo due nuovi strumenti, lo STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph), uno spettrometro in grado di separare la luce nelle sue componenti, e il NICMOS (Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer), che permise agli astronomi di vedere in maniera chiara per la prima volta l’universo filtrato nello spettro del vicino infrarosso.
L’Hubble è in grado di orientarsi e stabilizzarsi grazie a 6 giroscopi, di cui almeno 3 necessari per garantirne il corretto funzionamento. Quindi quando nel novembre del 1999 solo due rimasero in funzione, il telescopio entrò in Safe Mode, una modalità operativa minimale e conservativa, sospendendo le osservazioni come in una specie di “sonno profondo”. Fu questo il motivo per cui la terza missione di servizio fu per urgenza anticipata e divisa in due parti: la prima (SM3A) nel dicembre dello stesso anno per sostituire i giroscopi e installare un nuovo computer 20 volte più rapido del precedente; la seconda (SM3B) nel febbraio del 2002 per portare a bordo ulteriori strumenti, tra cui nuovi pannelli solari, che fornivano il 30% in più di energia, e l’Advanced Camera for Surveys (ACS), che sostituiva la FOC, con una potenza 10 volte maggiore, operando nello spettro della luce visibile fino a quella del lontano ultravioletto. Alcune delle immagini mozzafiato fornite dalla ACS sono oggi emblematiche e diventate dei grandi classici dell’Hubble.
La realizzazione di un’ultima missione di servizio per l’HST fu ampiamente messa in discussione e quasi cancellata, a seguito dell’incidente dello Space Shuttle Columbia nel 2003, che si disintegrò durante il rientro nell’atmosfera. Ma quando nel 2005 fu nominato un nuovo amministratore NASA le cose cambiarono: Michael D. Griffin non era infatti disposto a rinunciare al progetto. Nonostante le difficoltà iniziali, il telescopio aveva negli anni assunto sempre più popolarità anche tra il pubblico, costituendo ormai un punto di riferimento non solo per la comunità scientifica. É facile quindi immaginare la gioia di tutti gli astronomi e scienziati, ma soprattutto la risposta del pubblico, quando nell’ottobre del 2006 Griffin diede il via libera alla missione: tenuta dall’Atlantis l’11 maggio del 2009, la SM4 fu la quinta e ultima missione dello Shuttle verso l’Hubble. Con ben cinque passeggiate spaziali, gli astronauti installarono altri due strumenti, il COS (Cosmic Origins Spectrograph) e la WFC3 (Wide Field Camera 3). Riportarono inoltre in vita il SITS e la ACS, i cui sistemi avevano smesso di funzionare, operazione che rappresentò la prima riparazione di strumenti in orbita della storia. Per prolungare il più possibile la vita del telescopio sostituirono infine altre componenti tra cui le batterie e i giroscopi, portando l’Hubble all’apice delle sue capacità scientifiche.
Ad oggi, dopo 30 anni, l’Hubble ha realizzato più di 1.4 miliardi di osservazioni utilizzate per oltre 16000 pubblicazioni scientifiche e scoperte. Ha cambiato per sempre l’Astronomia, dallo studio della materia oscura alla determinazione dell’età dell’universo, offrendo significativi contributi anche all’ingegneria aerospaziale. Ma ha soprattutto modificato la nostra percezione dello Spazio. Le spettacolari immagini che Hubble ancora oggi ci offre sono la dimostrazione di come anzichè sentirci piccoli e insignificanti di fronte alla vastità dell’universo dovremmo essere grati e celebrare i traguardi raggiunti grazie alla nostra abilità di guardare lontano, letteralmente, al di là delle nostre capacità, permettendoci di scoprire di essere parte di qualcosa di molto più grande e sentirci quindi connessi come umanità.