#AeroAESA: XB-70 Valkyrie: il supersonico nell’era dell’atomica

Il 21 Settembre 1964, alla base aerea di Palmdale, la USAF iniziava le prove di volo di quello che, allora come oggi, sembrava un’astronave uscita da qualche rivista o film di fantascienza: un cigno bianco, un po’ bruttino ad essere onesti, con due enormi canard sul muso e le punte delle ali piegate verso il basso, come fossero state rotte. Il rumore dei motori era assordante: sei turbogetto General Electric YJ93 con postbruciatore, posti sotto la fusoliera, spingevano la bestia lunga 60 metri e larga 30 (come due 737 in fila), fino a 70.000 piedi a mach 3. Avrebbe dovuto essere il futuro dell’aviazione militare americana cavalcando la sua stessa onda d’urto, ma già durante il suo sviluppo una marea di nuove tecnologie lo resero obsoleto.

All’origine del progetto: più veloce, più in alto
Agli albori della Guerra Fredda, un conflitto tra Unione Sovietica e Stati Uniti era un pericolo molto zeale. A metà degli anni ’50 l’aspettativa delle due potenze era che l’atomica avrebbe deciso le sorti di un eventuale conflitto. Per riuscire a consegnare testate nucleari su città oltreoceano furono sviluppati aerei sempre più grandi, con carichi utili dell’ordine delle decine di tonnellate, come il b47 e il suo successore, il longevissimo b-52. La lentezza di questi giganti li lasciava però vulnerabili ad essere intercettati da aerei nemici, prima di arrivare sul bersaglio.

Per evitare le difese sovietiche la USAF riteneva che la soluzione fosse un aereo che volasse più in alto e più veloce. Con questo in mente era nato il B-58, un quadrigetto supersonico in grado di levarsi fino a 65000 piedi a Mach 2. Questo primo tentativo di aereo supersonico in grado di tenere le distanze da eventuali intercettatori aveva però, un carico utile insufficiente e un range limitato; i teatri su cui poteva operare quindi erano limitati dalla presenza di base aeree vicine.


Sopra a sinistra il B-58 Hustler a destra il B-52 Stratofortress, predecessori ‘imperfetti’ del Valkyrie.

Era chiaro che servisse un nuovo velivolo per soddisfare i requisiti di carico, velocità e autonomia necessarie per penetrare le difese sovietiche. Vennero avanzate diverse proposte: un aereo a propulsione nucleare, l’uso di propellenti altamente energetici e persino una configurazione ibrida, capace di volare in subsonico grazie a “pannelli fluttuanti” , posti a continuazione delle ali, che una volta eiettati avrebbero permesso il volo supersonico.

Nell’immagine sotto l’originale proposta di North American Aviation per un aereo con “pannelli fluttuanti” eiettabili.

Storia del progetto: cavalcando l’onda supersonica

La soluzione definitiva arrivò dalla NAA (North American Aviation): un design estremo, reso possibile dai grandi salti avanti delle tecnologie dei materiali, delle performance dei motori e soprattutto dell’aerodinamica supersonica (per esempio: i primi studi sulla ‘regola delle aree’, una teoria che permettava di ottimizzare la fusoliera per il volo supersonico minimizzando la resistenza d’onda, risalgono a questo periodo). Per garantire una velocità 3 volte superiore a quella del b-52, ma con carico e range praticamente inalterati, il prototipo della NAA proponeva di sfruttare il fenomeno del ‘compression lift’ : dirigendo l’aria ad alta pressione generata a valle dell’urto a regimi supersonici verso il ventre dell’aereo era possibile ottenere un contributo aggiuntivo alla portanza, permettendo di sostenere il volo supersonico con più carico e più efficientemente. Per sfruttare questo effetto, NAA aveva previsto un sistema di ali pieghevoli: le estremità alari, normalmente estese durante decollo e volo subsonico, venivano inclinate verso il basso di 25 gradi in supersonico e di 65 gradi a Mach maggiori di 1.4. Questo sistema portava anche il beneficio di una maggiore stabilità di volo. Volando a Mach 3 si presentava un altro problema: l’alluminio non era adatto per sopportare le alte temperature sviluppate sulla fusoliera a causa dell’onda d’urto. Al suo posto una copertura di pannelli a nido d’ape, in acciaio inossidabile, raffreddati dalle linee del carburante, ricopriva il velivolo. Questa soluzione seppur efficace si rivelò un mal di testa enorme per la NAA, la realizzazione di questi pannelli era costosissima e difficile per la poca esperienza con una tecnologia ancora non matura. Sei anni passarono tra l’ufficializzazione del progetto XB – 70 e la costruzione del primo prototipo, svelato nel maggio del 1964. Il 21 Settembre, dopo alcuni mesi di messa a punto, il Valkyrie si sollevò dal suolo per la prima volta; il giubilo degli ingegneri della NAA fu però subito interrotto da una perdita idraulica del carrello, che rimase bloccato in posizione estratta. Inoltre, un’ insorgenza di pressione costrinse allo spegnimento uno dei motori. Cercando di riportare a terra il prototipo uno dei freni rimase bloccato, causando l’incendio e il perforamento di una ruota. Il velivolo ne uscì intero, ma i problemi sembravano non avere fine. Il 12 Ottobre il prototipo oltrepassò per la prima volta la barriera del suono, ma appena oltrepassato Mach 1 la vernice iniziò a staccarsi dall’aereo abbastanza da sembrare che avesse volato attraverso una tempesta di sabbia. Tornato a terra venne riverniciato, questa volta con uno strato più sottile e ripresero i test di volo. Più velocemente volava più problemi sembravano comparire: al dodicesimo test di volo il velivolo raggiunse Mach 2.6 e lo splitter orizzontale all’ingresso della presa d’aria cedette, colpendo e disabilitando 4 dei 6 motori. Il 15 di Ottobre il prototipo viene spinto per la prima volta a Mach 3, ma dopo solo due minuti di crociera il bordo d’attacco dell’ala sinistra si staccò, forzando all’ennesimo atterraggio d’emergenza. Dopo questo episodio venne deciso che limitare a Mach 2.5 l’aereo fosse necessario per evitare di perdere l’unico prototipo durante i test di volo.

L’XB-70 Valkyrie a sinistra in atterraggio e a destra in regime supersonico con ali piegate.

La fine di un progetto ambizioso: l’era dei missili
Un progetto così ambizioso era certo avrebbe incontrato ostacoli e ritardi nel suo sviluppo, ma agli inizi degli anni 60 l’incertezza sulla sua validità operativa era diventato un ostacolo ancora più grande. Con l’introduzione dei SAM (Surface to Air Missiles) alla fine degli anni 50, la invulnerabilità data da velocità e altitudine stava venendo messa in dubbio. Oltre a ciò, i salti avanti nella propulsione a razzo avevano reso chiaro che il modo più economico ed efficacie di consegnare una testata nucleare era per mezzo degli ICBM (Inter Continental Balistic Missiles), in pochi anni questi avevano reso obsoleti i più avanzati aerei per il trasporto di testate nucleari. Con la messa in dubbio del suo valore strategico, il progetto era stato ridimensionato: già il 3 Dicembre del ‘59 due dei tre prototipi erano stati cancellati assieme a diversi prototipi di preserie dalla USAF,
ma il colpo più duro arrivò 2 anni dopo, quando il presidente Kennedy affermò in un discorso rimasto famoso, che lo sviluppo degli ICBM aveva reso il B-70 “inutile ed economicamente ingiustificato”. Il governo ormai insicuro dell’utilità del progetto chiuse i rubinetti alla NAA, la quale dal suo canto cercò di riprogettare l’XB-70 per altri ruoli, da una piattaforma di lancio per missili a un tanker supersonico; fu persino avanzata l’idea “folle” di convertire il progetto in un trasporto passeggeri supersonico.

A destra un SM-65 Atlas il primo missile balistico inter continentale degli Stati Uniti 1957 a sinistra un missile surface-to-air (SAM).

Una fine tragica
Seppur con fondi limitati il progetto andò avanti ancora per anni. Durante questo periodo venne realizzato un secondo prototipo, con l’intenzione di correggere gli errori del primo. Nel ‘66 la NASA si unì ai test di volo, interessata a raccogliere dati sull’aerodinamica estrema del velivolo, e nel Maggio dello stesso anno il secondo Valkyrie riuscì, questa volta con successo, a raggiungere l’obbiettivo prefissato: volare superando Mach 3 per oltre 30 minuti. Dopo una decina d’anni di lavoro il Valkyrie dava finalmente prova di sè. Il secondo prototipo, però, ebbe vita breve. L’8 giugno del 66 si trovava in formazione con altri quattro aerei (un f-104 starfighter, un f-5, un T38 Talon e un f-4 phantom) per un photoshoot pubblicitario. Improvvisamente l’ F-104 alla sua destra, in seguito a una raffica di vento, andò a collidere sul Valkyrie, distruggendosi e mozzando uno dei due stabilizzatori verticali dell’XB-70. Dopo aver continuato in volo livellato per sedici secondi, l’aereo entrò in un moto a spirale irrecuperabile. In pochi istanti sia i 2 piloti che il risultato di una decina d’anni di lavoro andarono a schiantarsi a terra. A causa dell’incidente NASA e NAA continuarono i test di volo sul meno capace primo prototipo.

Foto dell’incidente del secondo prototipo, 8 giugno 1966

L’XB-70 non divenne mai operativo, la comparsa di nuovi strumenti di guerra lo rese obsoleto ancora prima di essere completato. Forse questa fu la sua fortuna, perché un aereo tanto rivoluzionario, al confine del possibile, anziché essere un mezzo di morte divenne uno strumento di ricerca e di espansione delle conoscenze del genere umano. Oggi l’unico esemplare di XB-70 Valkyrie ancora esistente si può vistare all’Air National Museum of the United States Air Force a Dayton Ohio.

A CURA DI

Tommaso Serena


Fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/North_American_XB-70_Valkyrie
https://www.nationalmuseum.af.mil/Visit/Museum-Exhibits/FactSheets/Display/Article/195767/north-american-xb-70-valkyrie/
https://it.wikipedia.org/wiki/North_American_XB-70_Valkyrie
https://it.wikipedia.org/wiki/Convair_B-58_Hustler
https://www.youtube.com/watch?v=Yl32c352thE
https://www.afmc.af.mil/News/Article-Display/Article/3906805/september-marks-60th-anniversaryof-first-flight-of-thevalkyrie/#:~:text=The%20first%20XB%2D70%20made,first%20flight%20in%20July%201965
https://www.nasa.gov/wp-content/uploads/2021/09/121584main_fs-084-dfrc.pdf
U.S.Airforce

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