
Prima, molto prima, di divenire uno dei principali attori della guerra nel Mediterraneo, lo Sparviero era un ottimo e velocissimo velivolo da trasporto nato per le lunghissime e logoranti gare aeree da un capo all’altro del mondo. Al secolo, prima di essere il Gobbo Maledetto, lo Sparviero fu persino moderno. Era il 1934. Legno, tela e tubi d’acciaio non facevano storcere la bocca a molti ingegneri e tre motori radiali apparivano una scelta più che logica. La SIAI, casa madre di Savoia, non faceva eccezione. Cosicché tecnologia collaudata fu sinonimo di tecnologia affidabile quando si presentò la necessità di costruire un velivolo per una gara da Londra all’Australia in grado di reinventarsi facilmente per il trasporto rapido. Lo Sparviero fu completato troppo tardi per partecipare alla gara, ma il suo potenziale fu presto notato. La velocità di volo e l’autonomia decisamente considerevole lo resero il candidato ideale per dotare la Regia Aeronautica di un bombardiere medio. Il servizio bellico lo portò in Spagna, dove nel 1936 infuriava la guerra civile, amaro assaggio e banco di prova per la tragedia che sarebbe entro pochi anni scaturita. Lo Sparviero, tuttavia, era nato per correre. In quel turbinio di eccitata tensione che furono gli anni immediatamente precedenti al conflitto mondiale gli SM.79 solcavano i cieli infrangendo record. Con l’acuirsi delle tensioni gli applausi che accoglievano lo Sparviero nelle sue avventure lasciarono ben presto il posto al suono, anch’esso scrosciante, delle contraeree. La guerra era scoppiata, portandosi via l’eleganza e l’innocenza di un velivolo da corsa.

Con una torpedine agganciata alla fusoliera il Gobbo era un avversario temibile. Un solo colpo a segno era in grado di affondare una nave, infliggendo gravi perdite alle flotte Alleate nel Mediterraneo. Nel tentativo di fermare gli SM.79, che spesso volavano senza scorta, si alzavano gli intercettori. Lassù, i caccia incontravano gli aerosiluranti. Per un pilota inesperto l’abbattimento poteva sembrare poco più che una formalità. Si sarebbe trattato semplicemente di raggiungere un lento e goffo bombardiere e di assestare una raffica di 20mm. I danni e la gravità avrebbero fatto il resto. Lo Sparviero, però, era di tutt’altro calibro. Prima ancora delle tre mitragliatrici da 12.7mm a scoraggiare gli attacchi frontali o posteriori, prima delle 7.7mm, una su ogni lato, a richiamare alla prudenza era sempre quel nome. Una schiera di Gobbi Maledetti che volavano in formazione appariva come un muro fortificato, difficile anche solo da avvicinare. Per abbattere gli SM.79 bisognava essere rapidi, precisi e spericolati. La mancanza di una di queste doti avrebbe permesso all’equipaggio del bombardiere di reclamare un abbattimento e di proseguire nella propria missione. Elusi gli attacchi dal cielo, il Gobbo Maledetto si avvicinava alla sfortunata nave o al convoglio sventurato designati come obiettivo. L’aerosiluramento richiedeva notevoli capacità di controllare sé stessi e il velivolo. A differenza del bombardamento, che poteva essere condotto anche da quote più alte, la torpedine doveva essere sganciata vicina alla nave, in modo da massimizzare i danni causati. Ciò significava volare diritti verso un castello galleggiante il cui scopo principe era quello di abbattere l’aggressore e, in definitiva, sopravvivere. Per trionfare in quella partita senza mai vincitori lo Sparviero giocava tutte le sue carte. Rapido si avvicinava al bersaglio, abbassandosi per sganciare la torpedine, e inviata la missiva si allontanava inseguito dalla contraerea.
Con l’Armistizio del 1943 la strada dello Sparviero si divise. Alcuni presero la via della RSI e della Luftwaffe. Altri invece proseguirono il servizio sotto le insegne dell’Italia liberata. Dopo la fine delle ostilità il Gobbo Maledetto ritornò ad essere semplicemente lo Sparviero. Già obsoleto durante le fasi finali della guerra, la sua epoca era ormai finita. Legno, tela e tubi d’acciaio erano ormai superati e i fischi dei turbogetti prendevano il posto dei borbottii dei pistoni. Il Savoia-Marchetti SM.79 Sparviero rimase in servizio come aereo da trasporto con l’Aeronautica Militare fino al 1952, anno in cui fu radiato. Forse lo Sparviero non ha avuto i riconoscimenti che avrebbe meritato. Forse, se avesse volato con altre insegne, sarebbe diventato un’icona di un’altra epoca. Non un’epoca di bombe e torpedini, ma un’epoca in cui l’aeronautica volava veloce verso un futuro di grandi progressi.

