Il 6 ottobre 1973, giorno della festa ebraica dello Yom Kippur, Egitto e Siria attaccarono Israele, nel tentativo di riconquistare territori persi durante le precedenti guerre arabo-israeliane. I Paesi arabi associati all’OPEC, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, decisero di supportare lo sforzo militare di Egitto e Siria utilizzando l’arma del petrolio: in pochi giorni il prezzo per barile fu raddoppiato e i paesi che avevano sostenuto apertamente Israele, tra cui gli Stati Uniti, furono sottoposti all’embargo del greggio.
Le conseguenze economiche della guerra del Kippur si protrassero fino ai primi anni ‘80. La crisi petrolifera richiese, per i business jet, il design di un velivolo che potesse presentare consumi estremamente ridotti pur mantenendo prestazioni elevate in termini di velocità e autonomia. Fu così che nel 1977 Bill Lear, l’inventore della radio in auto e presidente della LearAvia, la compagnia che negli anni ’60 aveva fatto la sua fortuna col business jet noto come Lear Jet, decise di investire nella realizzazione di un progetto pionieristico: un velivolo che avrebbe abbinato all’efficienza dei turboelica le prestazioni dei turbogetto, il Lear Fan 2100. Per soddisfare questi requisiti il Lear Fan avrebbe combinato un sistema propulsivo ad elica e un design aerodinamico d’avanguardia con una struttura realizzata quasi interamente in composito.
Il Lear Fan fu equipaggiato con due motori turboshaft collegati all’elica tramite una gearbox progettata appositamente per il velivolo. L’elica fu posizionata posteriormente in modo che il flusso a valle di quest’ultima non interferisse con quello che avrebbe lambito l’ala, in modo da massimizzarne l’aerodinamica avanzata. L’accoppiata di elica e doppio motore avrebbe garantito le prestazioni in termini di consumi di un turboelica mantenendo allo stesso tempo livelli di affidabilità comparabili con quelli dei velivoli turbogetto bimotore contemporanei. Inoltre, in caso di spegnimento di uno dei motori in volo, il Lear Fan non avrebbe risentito della resistenza aggiunta o degli effetti imbardanti di una configurazione asimmetrica, tipica dei turbogetto bimotore in caso di IFS (in-flight shutdown). Per poter raggiungere velocità comparabili con quelle dei turbogetto il Lear Fan avrebbe necessitato di una struttura ultraleggera, non realizzabile utilizzando l’alluminio. Come anticipato, allora, Lear decise che la struttura del suo velivolo sarebbe stata realizzata completamente in materiale composito, in particolare in resina epossidica rinforzata con Kevlar e fibra di carbonio. La struttura del Lear Fan 2100 rappresentò dal punto di vista del design e della produzione una vera e propria rivoluzione nel settore aeronautico: nei velivoli dell’epoca, persino in quelli militari come l’F18, infatti, i materiali compositi non arrivavano a rappresentare più del 15% del peso della struttura dove, invece, tali materiali avrebbero rappresentato circa il 70% del peso del Lear Fan. Inoltre, nessun aereo prima di allora aveva mai utilizzato materiali compositi per realizzare componenti della struttura primaria. Il Lear Fan, pertanto, fu il primo velivolo della storia con struttura in composito.
Bill Lear non vide mai il suo progetto rivoluzionario spiccare il volo. Morì nel 1978 e per sua stessa volontà lo sviluppo del Lear Fan continuò sotto la supervisione della moglie Moya Lear con l’inizio della costruzione del primo prototipo lo stesso anno. La realizzazione di un aereo d’avanguardia, con un layout insolito e una struttura interamente in composito, tuttavia, si rivelò fin da subito costosa e lenta. La LearAvia, sotto la gestione di Moya Lear, si trovò nel 1980 senza risorse economiche e il progetto poté continuare solo grazie alla promessa di ingenti finanziamenti da parte del Governo britannico, a condizione che il prototipo del velivolo effettuasse il suo primo volo entro la fine del 1980.
Il 31 dicembre 1980 il velivolo fu portato sulla pista di decollo dell’aeroporto di Reno, Nevada, per effettuare i test a terra che avrebbero preceduto la prima storica prova di volo. Purtroppo, durante un test ad alta velocità sulla pista i freni si bruciarono e fu necessario sostituirli. Con solo 15 minuti rimasti prima del tramonto, l’aereo fu sul punto di decollare quando il pilota, impigliando la manica della sua giacca nella leva di azionamento dell’impianto antincendio, lo attivò causando l’aborto del decollo, che fu rimandato al giorno successivo. La prova di volo del primo gennaio 1981, a differenza di quella sfortunatissima del giorno precedente, fu un successo tale da spingere il Governo britannico a stanziare comunque i fondi promessi e fu così che il primo volo del Lear Fan fu registrato in data 32 dicembre 1980.
La storia del Lear Fan non fu a lieto fine. Nei mesi successivi al primo decollo, la Lear Fan Limited si impegnò ad effettuare i diversi test sui prototipi dell’aeromobile al fine di ottenere la certificazione di aeronavigabilità. Tale processo, tuttavia, fu fortemente ostacolato dallo scetticismo degli enti normativi, in particolare della FAA (Federal Aviation Administration), nei confronti di un aereo definito da molti come “di plastica”. Tale scetticismo portò gli enti normativi a imporre requisiti estremamente stringenti per ottenere la certificazione di aeronavigabilità rispetto a quelli imposti per i velivoli con struttura in alluminio. La strada verso la certificazione di aeronavigabilità fu ulteriormente minata da una serie di test statici falliti: nel dicembre del 1982, a seguito di un test statico sull’ala, fu rilevata una serie di cricche all’interno della struttura. Nel luglio del 1983, durante un test di pressurizzazione della fusoliera, si ebbe il cedimento di una delle paratie posteriori. Nei mesi successivi l’aereo fallì due ulteriori test di pressurizzazione della fusoliera. Il redesign dell’intera struttura del velivolo sarebbe risultato estremamente costoso; pertanto, fu installata una serie di rinforzi che, tuttavia, aumentò il peso del velivolo riducendone al contempo la capacità dei serbatoi e, di conseguenza, l’autonomia. Inoltre, la compagnia, sempre più a corto di fondi, si trovò a dovere licenziare gran parte del personale, nella speranza di poter risparmiare denaro a sufficienza per proseguire il percorso verso la certificazione. Se la compagnia avesse ottenuto la certificazione avrebbe potuto assumere nuovamente grandi quantità di personale da impiegare negli impianti di produzione del velivolo. Il Lear Fan, tuttavia, non ottenne mai la certificazione di aeronavigabilità. Il peso a vuoto del velivolo nel progetto originale era di circa 3000 lb (1360 kg). Negli ultimi prototipi, invece, il peso a vuoto superava le 4900 lb (2222 kg). Come conseguenza, il numero di passeggeri e il carico del velivolo risultava estremamente ridotto rispetto al velivolo originale. Inoltre, il range del velivolo, inizialmente di 2000 miglia nautiche (3704 km) nei prototipi del 1985 era ridotto a 1500 miglia nautiche (2778 km). Il velivolo finale non solo risultava meno performante di quello ideato da Bill Lear, ma non era nemmeno al passo coi tempi. L’idea di Lear di un velivolo dai bassi consumi che potesse rivaleggiare in termini di prestazioni con i business jet dell’epoca era sfumata, così come gli interessi degli investitori. Infine, il processo di certificazione, lento e costoso, assieme alla sempre più scarsa presenza di personale portarono all’arresto dello sviluppo del Lear Fan il 25 maggio 1985.
Il progetto del Lear Fan si rivelò un disastro finanziario ma la rivoluzione a cui Bill Lear diede inizio fu tutt’altro che fallimentare: oggi i materiali compositi, in particolare i polimeri fibrorinforzati, sono frequentemente e ampiamente utilizzati nell’industria aeronautica.
Se oggi più del 50% della struttura di un B787 è realizzata con questi materiali, il merito è del Lear Fan e del suo ideatore Bill Lear, che per primo ebbe il coraggio di investire in un aereo ‘di plastica’ che cambiò la storia dell’industria aeronautica.
Fonti:
https://oldmachinepress.com/2021/07/05/lear-fan-limited-lf-2100/
https://www.youtube.com/watch?v=l00uumTjsHw
https://www.youtube.com/watch?v=n037eiIhYOI