#AeroAESA – Amelia Earhart: una vita oltre ogni limite

I primi anni del Novecento videro l’affermazione di un gruppo di persone che suscitarono ammirazione e interesse presso le grandi masse: i primi aviatori. La loro non è una storia semplice: vivevano correndo costantemente il rischio che quei macchinari, così primitivi per gli standard moderni, così lenti e rumorosi e privi di qualunque confort, smettessero da un momento all’altro di funzionare. Non sorprende quindi il fatto che tanti di loro fossero persone eccentriche, poliedriche, esuberanti nel carattere e dotate di una infinita voglia di superare i limiti loro e di tutta l’umanità. Quella passione così innaturale per una specie che aveva passato centinaia di migliaia di anni di evoluzione coi piedi per terra li portò sotto i riflettori dei media dell’epoca, che li paragonavano a quelli che secoli prima erano stati gli eroi delle esplorazioni marittime. All’interno di questo peculiare gruppo si può ritrovare un profilo che seppe mettersi in mostra non solo per le sue imprese, ma anche per la sfida che lanciava in un ambiente prevalentemente maschile: oggi vi parliamo di Amelia Earhart.

Amelia Earhart nacque in Kansas nel 1897, 6 anni prima che i fratelli Wright mettessero a punto il primo aeroplano della storia. Sin da subito si manifestò in lei una grande voglia di scardinare i pregiudizi di genere in vigore all’epoca, e teneva sempre con sé un album contenente storie di donne di successo in settori considerati da uomini, dal cinema alla giurisprudenza all’ingegneria meccanica. La sua vita verrà cambiata per sempre il 28 dicembre 1920: in tale data un veterano dell’esercito le permise di salire a bordo del suo aeroplano per un breve volo. Le sue parole in merito sono piuttosto eloquenti:

“Non appena sono salita qualche decina di metri sopra il suolo, ho subito capito che avrei dovuto volare nella vita”

Si comprò poco tempo dopo il suo primo aeroplano (che chiamava affettuosamente “il Canarino” per il suo colore giallo) e senza perdere tempo, prima ancora di ottenere la propria licenza di volo, raggiunse 4 267 metri di quota, stabilendo il record di altitudine per una donna.

La vita di Amelia Earhart ebbe un’ulteriore svolta quando, per mezzo dell’editore George Putnam (con cui in seguito si unirà in un matrimonio che lei stessa definiva “alla pari”, come a sottolineare la volontà di ribellarsi ai rapporti coniugali convenzionali dell’epoca), divenne la prima donna ad attraversare l’Oceano Atlantico prima da passeggero, nel 1928, poi completamente da sola ai comandi, nel 1932. Questa seconda trasvolata, della lunghezza di 3 260 chilometri, fu una prova d’orgoglio: Earhart voleva a tutti i costi aumentare la sua reputazione, andando contro chi all’epoca non la considerava all’altezza. Il volo non fu di certo una passeggiata: fin dalla partenza dall’isola di Terranova – in Canada – la pilota dovette affrontare fatica, nausea e continui malfunzionamenti, oltre a un meteo inclemente che causò la formazione di ghiaccio sulle ali, portando a una discesa inesorabile che la costrinse a volare a pochi metri dalle onde impetuose dell’oceano. A bordo del suo Lockheed 5B Vega rosso acceso riuscì dopo 15 interminabili ore di viaggio ad atterrare nel campo di un contadino irlandese: l’impresa era compiuta.

Non sazia dei risultati fino a quel momento raggiunti, Earhart collezionò una miriade di altri traguardi: poco tempo dopo la trasvolata dell’Atlantico, divenne la prima donna a volare coast-to-coast negli Stati Uniti e poi la prima persona in assoluto a volare da sola dalle Hawaii al continente americano. Nel frattempo, era diventata anche la prima donna a volare su un autogiro, un particolare mezzo dotato di rotore che, a differenza di quanto avviene in un elicottero, non è collegato direttamente al motore.

Nel frattempo, arrivò la fama: giornali e radio di tutto il mondo narravano le avventure di Earhart e il presidente americano Hoover le consegnò una medaglia in segno di riconoscimento. Allo stesso tempo il marito la aiutava a pubblicare libri, articoli e interviste che consacrarono l’aviatrice come una role model dell’aviazione dell’epoca, che si impegnava per sostenere la lotta delle donne che tentavano di raggiungere con le proprie forze un’indipendenza lavorativa ed economica. A tal proposito fu messa a capo di un’organizzazione – soprannominata “le Novantanove” dal numero delle sue partecipanti – che si poneva come obiettivo il raggiungimento della parità di genere nell’aviazione. L’impegno di Earhart nella sponsorizzazione del volo come passione è stato veicolato anche nella creazione di una vasta gamma di prodotti d’abbigliamento, creati pensando al crescente numero di sue coetanee che sceglievano professioni in cui la comodità era anteposta all’aspetto.

Nel 1937 Earhart era finalmente pronta a quella che era considerata la sfida più complicata, ma allo stesso tempo la più illustre, quella che l’avrebbe posta definitivamente nell’olimpo dell’aviazione: il giro del mondo. Poche persone (tutti uomini) erano riusciti nell’intento, e dopo un primo tentativo concluso con un incidente Earhart ci riprovò una seconda volta, decollando il primo giugno. Ventotto giorni e 35 000 chilometri dopo, lei e il suo compagno di viaggio, il navigatore Fred Noonan, raggiunsero Lae, in Nuova Guinea, e si preparavano per l’ultima tratta del loro viaggio, la più complicata: il sorvolo del Pacifico. L’obiettivo era l’atollo di Howland, un puntino sperduto nel mezzo dell’immensità dell’oceano e isolato dal resto del mondo, dove un battello della guardia costiera, l’Itasca, li attendeva e li avrebbe guidati via radio. Purtroppo, il viaggio non si concluse mai: una serie di problemi tecnici, uniti a una certa inesperienza dei due viaggiatori con quel tipo di tratta, non permisero all’Itasca di rintracciare il Lockheed Electra di Earhart. Si è scritto tanto sulla scomparsa dell’aereo dei due avventurieri: l’ipotesi più comune è che abbiano finito il carburante e siano precipitati, altri invece propongono teorie più fantasiose che vedono Earhart e Noonan naufraghi in un altro atollo, dove vissero come moderni Robinson Crusoe senza essere più ritrovati, oppure coinvolti in storie di spionaggio in periodo pre-bellico. Quel che è certo è che nonostante delle operazioni di ricerca che coinvolsero la marina statunitense per svariati anni e che costarono più di 4 milioni di dollari, ancora oggi aleggia il mistero della fine che fece l’aereo.

Aviatrice, scrittrice, stilista, professoressa e attivista politica: sono tanti i ruoli che Amelia Earhart ha occupato nel corso della sua vita. In un mondo in cui la prevaricazione maschile era evidente a ogni livello, ha dimostrato che ogni donna è libera di trovare il proprio posto indipendentemente da ciò che la società si aspetta da lei. Sicuramente è anche per questo che ancora oggi è ricordata come un’icona di un’epoca e un’ispirazione per chiunque.

A CURA DI
Mattia Mocci


FONTI
https://airandspace.si.edu/explore/stories/amelia-earhart
https://www.ameliaearhart.com/
https://www.newyorker.com/magazine/2009/09/14/missing-woman